CUJO (1983) - RECENSIONE

Un cane inferocito tiene in ostaggio madre e figlio, prigionieri dentro a un'auto.
Cujo è un San Bernardo che viene morso sul naso da un pipistrello. Parallelamente, vengono mostrate le vicende della famiglia Trenton, composta da Donna Vic e il figlio di 4 anni Tad. Dopo il morso il cane comincia a mostrare segni della malattia: il docile cucciolo ha infatti contratto la rabbia e piano piano il suo muso si riempie di piaghe, con perdita di bava e muco giallo dagli occhi.
Rimasta sola col bambino, Donna porta la sua macchina a riparare proprio dal proprietario di Cujo, ma nel cortile dell'abitazione trovano soltanto il cane inferocito e il padrone sbranato.
Iniziano per i due lunghe ore di terrore all'interno della macchina (guasta), braccati dal cane che non permette loro di uscire in alcun modo.

Da una delle storie più famose di Stephen King, Lewis Teague costruisce una vicenda con un plot semplice ma dalla tensione altissima. Se nel romanzo veniva visto dal punto di vista del cane, nella pellicola le azioni sono incentrate invece sugli attori, sui loro spostamenti e sulle loro intuizioni.

Considerando che praticamente tutti i romanzi di King sono diventati film, Cujo è un bell'esempio di trasposizione, sicuramente superiore a tanti altri racconti del re dell'orrore finiti in pellicola.
Bravi attori, ritmo incalzante e interpretazione "da cane" più che convincente: netta differenza con il finale descritto nel libro, che comunque non svelerò.