THE EXORCIST - Stagione 2 - RECENSIONE

Sarebbe stato facile per Jeremy Slater bissare il fortunato schema della precedente stagione di The Exorcist: omaggia il capolavoro, conserva i due preti, ripeti il rito su di una nuova innocente creatura posseduta dal Male. E invece questa seconda stagione decide di rischiare…di nuovo.
Si parte con un esorcismo “on the road”, si prosegue con l’arroganza da principiante di Padre Tomas, si passa per finti casi di possessione demoniaca, ci si imbatte anche in un bacio gay e si giunge, dopo addirittura sei episodi, a chiedersi chi sia l’oggetto della possessione del demonio in questa seconda stagione. Gli indizi ci sono, sono disseminati con maestria e un filo di compiacimento, tant'è che si arriva all'episodio 4, One for Sorrow, convinti che la seconda stagione di The Exorcist sia addirittura migliore della prima.
Poi, ahi ahi, il capitombolo e, per fortuna, la risalita del finale. Ma procediamo con ordine.
Il sottotitolo di questa seconda stagione è “evil has a new home” (il male ha una nuova dimora): lasciamo infatti Chicago per andare su di un’isoletta sperduta poco distante da Seattle, in una casa di accoglienza per giovani problematici, terreno fertile per il nostro Pazuzu Demone.
Qui abbiamo a che fare con il responsabile Andy, una manica di ragazzini problematici -tra i quali un ragazzo dagli occhi vitrei ed una bambina con una federa in testa- ed un’assistente sociale rompiscatole (Rose, Li Jun Li). Per i primi sei episodi (praticamente oltre metà stagione) non è dato sapere chi sarà l’oggetto delle attenzioni del nostro demoncino.
La prima stagione ci aveva già spiegato che il Male sceglie sempre la strada più facile, ovvero la persona più fragile, avvalendosi di paure e debolezze. In questo nuovo contesto il demone non ha che l’imbarazzo della scelta; parte quindi il toto-possessione, ecco qui le nomination:
Andy Kim (John Cho), è il responsabile della casa-famiglia ed è devastato dai sensi di colpa per il suicidio della moglie. Nella sua casa Andy ospita Verity (Brianna Hildebrand), la più grande e la più spavalda. Adora il prodigioso spaghetto volante (o almeno così sembrerebbe nel primo episodio) ed ha una collezione di t-shirt invidiabile. Sarà maggiorenne (e quindi fuori dalla casa) tra soli tre mesi.
Shelby (Alex Barima), fanatico religioso sul cui passato sappiamo poco e niente. Come hobby Shelby adora dipingere le porte di ingresso con il sangue degli agnelli, o qualcosa del genere.
Truck (Cyrus Arnold), il più buontempone. Ha una vera e propria ossessione per il cibo ed una forza fisica fuori dal comune.
Caleb (Hunter Dillon), l’ultimo arrivato, sarcastico e brillante, completamente cieco…o forse no.
Grace (Amelie Eve), la più piccina. Sembra avere una stanza in soffitta dalla quale non ha intenzione di uscire senza la sua “maschera del coraggio”, ovvero una federa di cuscino con i buchi per gli occhi che al solo pensiero mette disagio.
Dalla sua prima stagione The Exorcist “conserva” i due preti: quel tarallone di Tomas (Alfonso Herrera) e la vera rockstar degli esorcismi, il Michelangelo della lotta ai demoni, ovvero Padre Marcus (Ben Daniels); che però non è più “Padre”, dato che è stato scomunicato nel precedente finale di stagione.
Sono passati sei mesi dall’esorcismo di Angela Rance, in questo frangente Padre Tomas e Non-Più-Padre (ma Sempre-Più-Figo) Marcus si sono affezionati alla vita di strada e fanno esorcismi “take away”, sui retri dei furgoni a tanto al chilo. Ma Tomas Ortega, che non brilla né per sagacia né per disciplina, ha preso una brutta piega: si fa i “drift” coi demoni, entra -cioè- nella mente dei posseduti. Questo nuovo dono potrebbe aiutarlo a sconfiggere il male, ma al contempo lo rende più vulnerabile per il Demone, dandogli pieno accesso a speranze, paure, segreti.

I primi episodi di questa nuova stagione si rivelano più che efficaci: seguiamo i due gruppi di personaggi chiedendoci quando e come si incontreranno. Da un lato, appresso a Marcus e Tomas, assistiamo all’orrore (demoniaco e casalingo), ma soprattutto ad inaspettate scene d’azione, con Ben Daniels che se la gigioneggia come non mai e porta il “porgi l’altra guancia” ad un altro livello.
Dall’altro, fermandoci alla casa-famiglia, assistiamo al quotidiano dolore per la perdita di Nikki (Alicia Witt), moglie di Andy e madre affidataria dei ragazzi. Ma non c’è tempo: nella fattoria adiacente nascono agnelli deformi. I pesci muoiono, forse a causa di qualche tossina. Uno stormo di corvi neri si abbatte in picchiata sulle finestre.
Eppure è chiaro sin da subito che un personaggio qui non la racconta giusta; intenerisce e spaventa mentre cresce, muta e si riflette sui vetri. Nei minuti conclusivi dell’episodio 4 (One for Sorrow, Lontano dalla Luce) arriva la conferma a tutti i sospetti: a differenza del plot twist della precedente stagione, in questo caso il colpo di scena non è imprevedibile, ma inquieta, appaga e va bene così.
La virata data alla trama è sicuramente una prova di coraggio, ma anche un grande rischio. La paura è un sentimento soggettivo ed in quanto tale non può far presa su tutti allo stesso modo. Io ad esempio ricordo ancora con terrore l’immagine di Casey, in camicia da notte, che parla da sola seduta nella cucina di casa Rance; eppure non ho provato alcun brivido a vedere quest’isola, con le sue leggende e le sue casupole abbandonate avvolte nella nebbia. È per questo che per me il momento più inquietante di questa seconda stagione risiede nell’episodio 2, Safe as Houses, al vedere (e soprattutto all’udire) una bambina che batte i denti.
Il Demone di questa seconda stagione non ha nulla a che vedere con Pazuzu e con il suo “Salesman”, anzi, le sue sembianze non potrebbero essere più diverse da quelle dell’anziano uomo accondiscendente ed imbonitore visto lo scorso anno.
Dall’inizio, da quando è giusto una presenza nella vita degli abitanti della casa-famiglia, fino alla fine, quando la sua (porca) figura viene svelata, il demone di questa stagione assume sembianze femminili e non “vende” nulla, anzi sembra alla ricerca di protezione. Questo demone si insinua senza assecondare la sua vittima e ne travisa i ricordi, facendo leva su solitudine e senso di colpa. Fin qui tutto bene, mi dirai. Ed è vero, il concetto alla base è intrigante, ma viene portato talmente tanto per le lunghe che ad esso viene dedicato l’intero settimo episodio (Help Me, Aiutatemi).
Ma ancor più di Pazuzu, in questa seconda stagione mi è mancata Hannah Kasulka, indiscutibile protagonista della prima. La Kasulka passa giusto un attimo a salutare nell’episodio 9, Ritual & Repetition, e le basta una sola inquadratura per riesumare tutti i brividi dei primi episodi. È chiaro, al solo rivedere quegli occhioni azzurri, che la fortuna della prima stagione dipendeva anche da una scelta di casting azzeccatissima, che non si è riusciti a bissare in questo secondo ciclo di episodi.
Ma quando oramai The Exorcist sembra spacciata, salta fuori un finale di stagione (Ep. 2×10, Unworthy) inaspettato, crudele ed evocativo. A farla redimere non è tanto la storyline principale -che comunque si conclude con un sonoro e doloroso schiaffone- quanto il contorno, l’aspetto squisitamente secondario.


Titolo: The Exorcist
Genere: drammatico, thriller, horror
Episodi: 10
Durata episodi: 45 minuti
Trasmissione italiana: Fox Italia