THE WALKING DEAD: DEAD CITY - Stagione 1 - RECENSIONE

E poi venne il tempo degli spinoff e il primo fu The Walking Dead – Dead City. Potrebbe iniziare così un nuovo capitolo di un fantomatico libro dedicato alla storia di The Walking Dead, la serie AMC creata da Robert Kirkman responsabile dell’aver portato gli zombie nel mondo seriale. Un capitolo aggiunto magari in tutta fretta quando, dopo undici stagioni, la fine di un’avventura che si stava faticosamente trascinando già da troppo tempo si è rivelata essere solo l’annuncio di una serie di figliocci spediti per il mondo a cercare gloria personale. Nonostante il primo tentativo di The Walking Dead – World Beyond avesse fatto suonare non un campanello, ma un intero coro di sirene di allarme.
Un fallimento colpa di nuovi personaggi non abbastanza interessanti? A rispondere a questa domanda ci prova questo assolo di due tra i più iconici della serie madre. Maggie e Negan.
Nel creare The Walking Dead – Dead City sembra che gli autori abbiano parafrasato la battuta di un ancora sconosciuto Stefano Accorsi in una pubblicità di ere televisive fa. ”Ciu gust is megl che tropp”, si devono essere detti. E non era una cattiva idea a priori dal momento che la serie madre si era, in effetti, persa in un rivolo di personaggi e luoghi e situazioni che erano diventati semplicemente troppi per essere scritti in maniera attenta e per generare empatia in uno spettatore perso tra i meandri di mille dialoghi superflui. Via, quindi, ogni accessorio e spazio a due soli protagonisti. Un improbabile duo che è però indissolubilmente legato dall’aver condiviso, su sponde opposte, l’evento che ha segnato la vita di entrambi.
Maggie e Negan. La figlia del fattore che ha dovuto imparare ad essere un capo determinato e una leader inflessibile. Il villain più sanguinario che ha rinunciato alla sua natura malvagia per diventare un battitore libero su cui si può fare affidamento per risolvere i problemi più complessi. La vedova che non può dimenticare e il carnefice che l’ha resa tale. The Walking Dead – Dead City è praticamente un lungo assolo di questa coppia unita dalla scioccante uccisione dell’indimenticabile Glenn. Indimenticabile anche perché quella scena ci viene riproposta più volte ad uso e consumo di chi magari non lo sapesse.
The Walking Dead – Dead City non ci prova neanche a discostarsi da questo gioco a due. Un villain viene introdotto solo come scusa per far riunire il duo senza che ci si preoccupi troppo di caratterizzarlo o spiegarne le motivazioni. Anzi, per spicciarsi in fretta, lo si va a ripescare tra i tanti seguaci del Negan leader dei Saviours affidandosi all’equazione “saviour = cattivo”. Serve altro a descriverlo? Evidentemente no per gli autori che però fanno lo sforzo di aggiungere un “figurati che era troppo cattivo pure per Negan” e basta così. Se qualcuno sente odore di pigrizia creativa e superficialità di scrittura, non si illudesse. Non si sta sbagliando. Il suo olfatto funziona bene purtroppo per la serie.
Ci sarebbero poi pure i buoni, ma durano poco più di un cerbiatto in autostrada per cui agli stessi autori non sembra necessario dirci poco più che stanno dalla parte giusta. Tanto The Walking Dead – Dead City deve essere solo quei due: Maggie e Negan.
E quindi la domanda dovrebbe essere: cosa ci dice di nuovo The Walking Dead – Dead City su questi due personaggi? Cosa è successo loro dopo la fine della serie madre? Dopo quel series – finale che era stato solo un lungo teaser degli spinoff che andremo a vedere nei prossimi mesi tra un Daryl finito chissà come a Parigi e una Michonne alla ricerca messianica di un Rick disperso chissà dove? Soprattutto, c’era davvero bisogno di non lasciare andare per la loro strada, quale essa fosse, Maggie e Negan? Si, secondo i produttori. Solo che qualcuno avrebbe dovuto dirlo agli autori.
The Walking Dead – Dead City si ambienta non si sa quanto dopo il finale della creatura originaria in una società che qualche passo avanti verso una nuova organizzazione deve averlo fatto. Lo si intuisce dalla presenza di un bar con motel annesso dove la gente va a sorseggiare drink come se fuori non ci fosse mai stata nessuna apocalisse zombie. Ce lo conferma l’esistenza di questi marshalls che dovrebbero garantire un ordine basato su una pseudo – giustizia sbrigativa che adotta misure medioevali come pena di morte. Uno spunto potenzialmente interessante che però rimane sullo sfondo e solo accennato. Creare qualcosa di nuovo pareva evidentemente troppo faticoso agli autori a cui era stato detto di preoccuparsi solo di quei due. E ormai avrete capito di chi.
Il problema è che di quei due là non c’è davvero molto da dire. Sia Negan che Maggie sono essenzialmente gli stessi che avevamo lasciato tempo fa. Soprattutto, l’ex proprietario di Lucille è identico al personaggio che le ultime stagioni di The Walking Dead avevano creato. Privarlo di moglie e figlia è solo una necessità pratica per permettergli di muoversi liberamente. The Walking Dead – Dead City introduce, però, il personaggio della (apparentemente) fragile Ginny per non far scordare a chi lo conosce e per sottolineare didascalicamente a chi ne fa la conoscenza ora quanto Negan sia ormai completamente dedito a salvare i più indifesi. Il perché ce lo ricordano i continui flashback dell’uccisione di Glenn e i sardonicamente nostalgici ricordi del Croato, villain innamorato del Negan che fu.
Un minimo di evoluzione lo si potrebbe notare in Maggie. Ma quello che dovrebbe essere il plot twist di The Walking Dead – Dead City è, in verità, ampiamente prevedibile. La leader di Hilltop (che non si capisce se esista ancora come comunità indipendente) è fedele alla linea. Che è quella di non dimenticare quanto fatto da Negan. Di non perdonare mai e poi mai anche se la persona che ha davanti non ha ormai niente a che fare con quella che continua a rivedere. Una ossessione così totalizzante che lo stesso amore per il figlio Hershel è, in realtà, quasi solo una conseguenza dell’odio per Negan. Come se amare Hershel fosse una scusa per avere un motivo in più per avercela con chi lo ha privato del padre.
Inevitabile chiedersi, quindi, se ne valeva la pena creare uno spinoff per dire quello che già sapevamo. O per dirlo a chi non lo sapeva ancora, ma non ha alcun motivo per interessarsene.
Tutto da buttare, quindi, in The Walking Dead – Dead City? Molto si, pure troppo. Ma un minimo a cui la speranza, ultima dea, possa aggrapparsi lo si riesce a trovare. Sebbene il focus su soli due personaggi non aggiunga nulla ai loro caratteri, ha almeno il pregio di sfrondare la serie di quella babele di luoghi e situazioni privi di interesse che appesantivano inutilmente le ultime stagioni del capostipite. Ne risulta un prodotto compatto che va dritto al punto perdendosi in pochi fronzoli superflui e concentrandosi sull’azione in maniera rapida anche se a tratti sbrigativa. Al netto dell’inevitabile plot armour, l’obiettivo minimale dei due protagonisti è chiaro e il piano, per quanto azzardato, ha una sua logica. Specie dal punto di vista di Maggie.
Spostare l’azione in una Manhattan isolata dal resto del mondo (ma comunque raggiungibile fin troppo facilmente) aggiunge delle location urbane decadenti differenti dagli spazi aperti e dalle comunità linde e pinte in cui si era avventurata la serie madre. Anche l’idea alquanto macabra di estrarre metano dai cadaveri degli zombie in decomposizione ha una sua razionale funzionalità. Come anche promettente (ma sapranno sfruttarlo?) è lo scenario che il season – finale tratteggia con Maggie e Negan che potrebbero dover rivedere le loro posizioni e magari, finalmente, evolvere.
Dove, però, The Walking Dead – Dead City si perde è nella gestione dei momenti critici. Ostacoli dipinti come insormontabili vengono superati con facilità sconcertante e con mezzi di fortuna che definire creativi è usare un eufemismo (no, davvero, un frigorifero come barca per attraversare a remi l’Hudson?). La serie, soprattutto, non si emenda dal peccato originale di non sapere cosa farsene ormai degli zombie. Sempre più relegati sullo sfondo nel ruolo di comparse a cui, a momenti, nessuno presta attenzione tanto non fanno quasi più paura a nessuno tanto che neanche si cambia più strada quando li si incontra. Anzi, alle volte si passa in mezzo ad orde come se fossero meno pericolosi di pendolari che si affollano in banchina per prendere la prossima metro. Una menzione di lode, però, per il multizombie che alme non non si era mai visto finora.
The Walking Dead – Dead City è il primo degli spinoff previsti per provare a ricavare ancora un po’ di succo da un limone abbondantemente spremuto. O anche, a voler essere generosi, per offrire agli amanti traditi della serie creata decenni fa da Robert Kirkman un tentativo di rinascita. Un ottimista aspetterebbe la seconda stagione prima di dire che si tratta, in realtà, di accanimento terapeutico. Ma dovrebbe essere davvero tanto, tanto ottimista.


Titolo: The Walking Dead - Dead City
Genere: drammatico, orrore, postapocalittico
Episodi: 6
Durata episodi: 39-50 minuti
Trasmissione italiana: Inedita - prossimamente Disney +