BLACK SAILS - Stagione 2 - RECENSIONE

Per molti (tantissimi) versi è un azzardo decidere di rinnovare una serie prima ancora che la sua stagione attuale vada in onda: poche serie possono permettersi questo lusso (Game of Thrones, per esempio) ma dopo aver visto la seconda stagione di Black Sails iniziamo a capire il perché Starz punti tanto su questa serie piratesca e perché riponga tanta fiducia in lei. Si tratta, infatti, di un mix di personaggi, trame e colpi di scena che non riesce a lasciare indifferente neppure il più scettico degli spettatori, lasciandolo attonito di fronte ad una fine che, proprio come accaduto per la prima stagione, arriva troppo presto.
In primis una fondamentale parte della stagione è stata rappresentata dai flashback: Flint è un personaggio complesso, uno di poche parole, uno che si fa amare per le azioni, dettate spesso più da una forza d’animo e da un’alta morale che dalle mire egoistiche di cui è accusato (quasi del tutto erroneamente), quindi non è che un piacere scoprire qualcosa di più del suo passato. Sapevamo che il capitano nascondesse più di un’ombra – e che ombra! – ma mai ci saremmo aspettati di scoprire la verità in modo così dettagliato, così approfondito. I flashback, non costituiscono un’aggiunta all’episodio in cui compaiono ma ne rappresentato, se possibile, un fulcro fondamentale. Flint non fa ciò che fa perché è un pirata senza cuore, lo fa proprio perché un cuore ce l’ha e l’hanno spezzato, tanto tempo fa e non senza dolore. La relazione ambigua, quasi irreale tra lui e Mrs.Barlow assume una sfumatura nuova in vista di questa rivelazione, scioccante, che voleva l’allora capitano, rispettato e onorato, James McGraw innamorato del marito di Miranda Hamilton, Thomas.
E’ proprio il passato a forgiare le azioni del capitano Flint (scopriamo anche perché abbia assunto proprio questo nome, da pirata) e a spiegarci la sua dipendenza da Mrs.Barlow, che rappresenta insieme il fantasma del marito e il suo legame a lui. Un’amica, una confidente più che un’amante, la sua figura si evolve notevolmente proprio come quella di Flint, facendoci cascare la mascella per lo shock nel momento in cui la pallottola le trapassa la testa. 
Non dimentichiamoci, infatti, che parliamo di Flint ma è comunque un pirata, uno che ha ucciso gente a sangue freddo, uno dei pochi che ha un codice d’onore, a differenza di altri che non ne hanno neanche mezzo, ma pirata non di meno. Charles Vane e Ned Low, tra gli esempi più completi e profondi della morale piratesca, spietata e sregolata son un chiaro esempio di questo opposto. Ned Low rapisce Abigail Ashe per poter avere un vantaggio su suo padre, Vane – pur trattandola meglio – non si comporta molto diversamente. Abigail diventa una pedina, una merce di scambio di enorme valore, forse perfino più dello stesso oro dell’Urca, quasi dimenticato da Flint nella seconda parte della stagione. Sarebbe stato lo stesso, se avesse saputo che era ancora sulla spiaggia, sprovvisto di protezione? Forse.Le scelte sono sempre dettate dal caso e dalle circostanze e, ora che il capitano è a conoscenza della reale situazione dell’oro, dubito che si lasci sfuggire un simile bottino.
Con una mossa strategica, furba e del tutto imprevista, si sono aggiudicati il bottino più conteso dei Sette Mari (rullo di tamburi) i Tre del Bordello di Nassau. Eh si, perché se prima c’erano Jack/Anne e Max, ora ci sono Jack e Anne e Max. Non mi sarei mai aspettata che le cose andassero così, tra di loro, e di sicuro pensavo che la relazione a tre sarebbe finita con qualche scenata di gelosia o, magari, un morto. Invece è quasi lodevole il modo in cui Max e Jack hanno saputo mettere da parte i propri dubbi per il bene di Anne, cara ad entrambi, e trarne perfino un vantaggioso accordo finanziario. L’oro è nelle loro mani, mentre Nassau cade in rovina, e c’è solo da sognare circa quello che potranno farne. Max, indiscussa padrona dell’isola grazie alle sue prostitute, è diventata molto più di quello che un tempo era stata, elevandosi al di sopra della propria posizione e usando il cervello – non il suo corpo – per arrivare in vetta. Anne, a modo suo, ha saputo rendersi indipendente e, tra un doppio omicidio e una bottiglia di rhum, ha capito di non essere né la Anne di Jack Rackham e neppure la Anne di Max, ma una persona a se stante, che è in grado di costruire un futuro in cui il suo nome non venga più associato a quello di nessun altro, in cui sia conosciuto solo grazie ai meriti delle sue imprese. Scene di lussuria a parte, mi è piaciuta molto l’evoluzione di questi tre personaggi e il modo in cui hanno saputo giocare le proprie carte – Anne in particolare.
Molto interessanti anche se non altrettanto coinvolgenti si sono dimostrati i percorsi di John Silver, Billy e Eleanor. John ha inizialmente sfruttato Flint, perché gli era comodo e perché pensava fosse la sua unica possibilità di diventare ricco, ma questo non l’ha reso meno desideroso di eccellere come persona e quindi divenire il Quatermater della nave, al contrario. Silver ha continuato ad essere indispensabile per la sua ciurma, che ha iniziato a vederlo sotto una luce diversa dopo che si è fatto macellare le gambe da un’accetta (in particolare, ma non solo) e non ha rivelato l’insurrezione generale contro gli uomini di Vane.
Nel complesso una seconda stagione di alto livello, che è riuscita a catturare lo spettatore, minuto dopo minuto, con colpi di scena continui e mai scontati. I flashback, come già accennato prima, hanno aggiunto molto spessore ai personaggi principali e, nel complesso, molti dei protagonisti ‘accennati’ nella precedente stagione hanno trovato compimento e realizzazione in questi 10 episodi. La storyline di Lord Ashe, almeno in parte, ha trovato la propria conclusione, a differenza dell’oro dell’Urca il cui destino, se possibile, sembra ancor più incerto di quanto non fosse nella stagione passata.


Titolo: Black Sails
Genere: drammatico
Episodi: 10
Durata episodi: 60 minuti
Sito ufficiale: http://www.starz.com/originals/BlackSails/
Trasmissione italiana: AXN Italia