Chris Columbus è uno dei grandi creativi di molto cinema statunitense di consumo tatuato nella memoria di chi è stato adolescente negli anni di Pac Man. Ha sceneggiato tre titoli usciti consecutivamente quali Gremlins, I Goonies e Piramide di Paura. Ha girato Mamma ho perso l'aereo, Mrs Doubtfire e i primi due Harry Potter. Insomma uno che di intuito ne ha. Così come Pixels nasce da un'intuizione, non di Columbus ma di Patrick Jean che col suo cortometraggio Pixels ha dato la scintilla cinefila per scoccare questo potenziale blockbuster estivo dal budget stratosferico ed effetti in computer grafica.
Pixels è sostanzialmente commedia e avventura, terreno fertilissimo per l'esperienza di Columbus ma il campo sul quale cerca di fiorire è quello della Nostalgia. Pixels si aggancia abilmente a questo periodo narrativamente vulcanico: gli anni in cui sui social network vanno fortissimi contenuti che stimolano la nostalgia, soprattutto degli anni '80, il periodo in cui chi utilizza Facebook e company era ragazzino. Mossa dunque scaltra, divertente, ma, come spesso ripetiamo, il cinema non è Scienza, e le formule possono andare bene e/o male.
Bene la parte comica con gag divertenti e il talento di Josh Gad, magnifico nella sequenze d'addestramento, ottima pure l'intuizione di fare un "Ghostbusters dei videogiochi" dove Pac Man malefico ricorda il "buon" omino Marshmellow che d'improvviso sta per distruggere New York. Oppure il "round finale" con l'esercito dei più grandi titoli di quando i videogiochi si giocavano in cartucce e non si scaricavano. Quello che però nell'operazione Pixels non trova la sua soluzione è il cast, oltre Gad e la Monaghan che funzionano, Adam Sandler non calza nel suo personaggio. Non trasferisce il carisma che il leader nerd dovrebbe avere ed è anche un pò spocchioso. Inoltre c'è un bell'accenno tematico che purtroppo Pixels non approfondisce lasciandosi più trascinare dal pedale della Nostalgia d'impatto iconico e non di sostanza. Ci riferiamo all'appena tratteggiato, nel film, scontro generazionale tra vecchi e nuovi videogiocatori, che forse voleva trasformarsi in una visione di come alcune tecnologie sono state spietatamente sorpassate dal progresso quando invece in esse ci è attaccata l'infanzia di tante generazioni. Pensiamo alle cartucce delle console, i "nastri" del Commodore 64 o anche alle VHS. Questo forse era il materiale umano e narrativo in cui Pixels poteva scendere in profondità . Resta comunque un film gradevole, simpatico per una serata d'estate al cinema. Ma, viste le menti e le storie in gioco, poteva essere molto di più.