RESIDENT EVIL (2002) - RECENSIONE

La Umbrella Corporation è una potente multinazionale che opera in diversi settori, tra cui quello genetico. I suoi esperimenti vengono condotti segretamente a Racoon City, all'interno di un immenso laboratorio sotterraneo chiamato L'Alveare. Qui, la ricerca ha portato alla creazione di un organismo batteriologico ideato per rallentare il processo di invecchiamento del corpo umano, ma ancora ritenuto instabile e altamente pericoloso: il T Virus. Accade però che uno dei contenitori che isolavano quest'ultimo viene rotto, causando la sua diffusione per tutto l'edificio. La Regina Rossa, l'entità artificiale creata per monitorare la sicurezza dell'Alveare, al fine di circoscrivere l'area di contagio, chiude tutte le uscite della struttura sacrificando l'intero personale al suo interno, sterminandolo con il gas nervino. La Umbrella decide quindi di inviare sul posto un drappello di soldati scelti, per conoscere le cause che hanno scatenato questo inspiegabile fatto. Una volta penetrati nell'Alveare, vera e propria fortezza dotata dei più sofisticati sistemi anti-intrusione, si imbatteranno nei micidiali effetti genetici che il T Virus ha prodotto sui suoi stessi ricercatori: le vittime dell'incidente infatti sono state trasformate in spaventose creature il cui unico scopo è quello di nutrirsi di carne umana.

Paul Anderson (Mortal Kombat, Event Horizon) trasforma personaggi fatti di pixel e grafica vettoriale in attori in carne ed ossa, ma lascia immutata l'atmosfera e le ambientazioni spaventose del videogioco, senz'altro uno dei più terrificanti e violenti che siano stati creati negli ultimi anni. Al regista e agli sceneggiatori va il merito di aver fatto risorgere gli zombie con discreti esiti, non solo nella pellicola, ma anche come genere cinematografico in sè, dal momento che si pensava che quest'ultimo avesse giocato tutte le sue carte nella saga firmata dal grande George Romero: i morti viventi, se adeguatamente alimentati da un valido script, hanno ancora tante vittime da mietere. E proprio a Romero e ai suoi film Resident Evil si ispira e rende omaggio in più punti, come la scelta di uno dei protagonisti di colore, che interpreta un membro della squadra speciale, il quale ricorda molto il personaggio principale di Dawn of the Dead, oppure il grande finale apocalittico dai molteplici interrogativi. Ci sono poi delle sequenze (la scena dell'ascensore per esempio) che dichiarano esplicitamente la paternità degli zombie di Romero, ma voglio lasciare a voi il piacere di scovarle da soli senza rovinarvi la sorpresa. Ottime scene d'azione (tranne che per qualche odiosissima trovata fuori luogo alla Matrix) miscelate a momenti di suspence, uniti da un unico filo conduttore dall'inizio alla fine: il terrore.Splatter e horror puro, senza l'utilizzo di ammiccamenti o ironie per stemperare la tensione, fastidioso rimedio molto in voga nelle ultime produzioni politically correct made in USA, e grande colonna sonora composta per l'occasione da Marilyn Manson. Sul capitolo splatter avrei però preteso molto di più visto il genere notoriamente d'effetto e memore soprattutto degli storici predecessori di questa pellicola. Il sangue c'è, ma forse per evitare pesanti censure hanno aggiunto un pò troppa acqua per diluirlo. Non mi sento di dare un unico giudizio su Resident Evil, dal momento che, essendo io stesso un appassionato della serie videoludica, potrei non essere del tutto obiettivo nel valutarlo. Ho perciò pensato di dare due valutazioni: una da fan e una da spettatore semplice. Per la prima non posso che considerare Resident Evil come un imperdibile appuntamento: più di una volta avvertirete una sorta di dejavu nel ritrovare quelle stesse situazioni di panico vissute durante le vostre notti insonni trascorse a giocare. Per il mio secondo criterio di valutazione devo penalizzare la pellicola di un paio di punti, visto che pur trattandosi di un prodotto più che discreto, racchiude in sè alcune pecche di sceneggiatura e delle soluzioni narrative a tratti prevedibili nella loro rappresentazione. Parere assolutamente unanime e positivo invece per le due protagoniste femminili, Milla Jovovich e Michelle Rodriguez, le vere dominatrici del film: fredde, determinate, splendide ma assolutamente letali.
Resident Evil ha trascorso innumerevoli vicissitudini e false partenze prima di vedere ufficialmente la luce. Tutto ha inizio nel 1997, anno in cui la Constantin acquista i diritti di produzione dalla Capcom, potente società Giapponese dell'Entertainment videoludico. Il videogame ha un immenso seguito di appassionati in tutto il mondo e la storia in sè può dare notevoli spunti per una sua trasposizione cinematografica di successo. Da qui il passo per l'investimento della casa di produzione Tedesca risulta breve quanto ovvio, restava da decidere solamente a chi affidare la regia e la sceneggiatura del film, nome che fece presto a venire in mente ai dirigenti della major: quel nome era George Romero. Nessuno tranne il maestro degli zombie avrebbe potuto rappresentare meglio il mondo Resident Evil. C'erano inoltre dei precedenti che rafforzarono questa teoria. Il regista aveva infatti girato in Giappone un breve film a medio budget con attori in carne ed ossa (anche se per poco comunque) commissionato dalla stessa Capcom come lancio promozionale per l'uscita di Resident Evil 2.
Il corto divenne presto un CULT e la figura di Romero, già di partenza ispiratrice di tutta la saga videoludica, divenne l'unica mano che avrebbe potuto firmare sapientemente la regia del film. La stesura dello script fu molto laboriosa per il regista, il quale apportò più volte delle modifiche prima di renderla ufficiale, ma una volta presentata alla produzione questa la bocciò clamorosamente, ritenendola troppo artistica e quindi difficilmente commerciabile. Da diverse indiscrezioni si evince un problema di tutt'altra natura: dalla storia di Romero possiamo trovare molti riferimenti al gioco, ma anche diverse libertà narrative che il regista inserisce di sua iniziativa alla vicenda che stravolgono alcuni punti della trama ufficiale targata Capcom.

Evidentemente gestire un maestro dell'horror con anni di esperienza alle spalle e una trilogia zombie come repertorio avrebbe rappresentato un ostacolo troppo ostico da sormontare. Meglio quindi orientarsi verso un più docile e giovane talentuoso (Paul Anderson) con già all'attivo un film tratto da un videogioco (Mortal Kombat) al quale poter imporre più facilmente le direttive della produzione. Non sono rimasto deluso dal lavoro realizzato da Anderson, ma sono assolutamente sicuro che tra le mani di Romero Resident Evil avrebbe assunto quell'atmosfera sporca e malsana tipica delle pellicole del regista, atmosfera di cui si sente fortemente la mancanza nella versione uscita nelle sale, forse troppo asettica e fredda."