Ma l’esordio del “Patacca” al cinema è decisamente diverso dal solito: niente grandi produzioni, non ci sono i Valsecchi o Del Brocco alle sue spalle, piuttosto una produzione piccola, contenuta, fatta di film commission, sponsor e investimenti personali. Perché con Soldato Semplice, Cevoli non solo esordisce come attore cinematografico, ma anche come regista, sceneggiatore e produttore. Un one-man-show dettato più dall’esigenza che da precise scelte personali che però è un bene, è un sinonimo di libertà espressiva e di svincolo da logiche commerciali che oggi non stanno facendo bene al cinema dello stivale.
A differenza di quelle commedie italiane che affollano le sale, tutte uguali per storie e volti e tutte toppo poco divertenti, Soldato Semplice si mostra fieramente impopolare. Cevoli ci porta al fronte nel 1917 con Gino Montanari, maestro elementare fieramente anti-interventista, che viene costretto dal preside della scuola in cui lavora ad arruolarsi come volontario nell’esercito per non perdere il posto di lavoro dopo una lezione in cui si scaglia contro il libro Cuore di De Amicis. Gino si trova così catapultato in alt’Italia, precisamente in Valtellina, a fare da eliografista e qui si trova a convivere con il burbero Tenente Mazzoleni, un gruppo di soldati di diversa estrazione regionale e il fido giovanissimo Aiello Pasquale (o Pasquale Aiello, neanche lui lo sa), con il quale istaurerà un rapporto paterno.
Fa una strana impressione guardare un film come Soldato Semplice perché si può già prevedere che sarà un fiasco al botteghino. Somigliando – per tematiche – al recentissimo Torneranno i prati di Olmi, ma guardando più che altro all’esempio monicelliano di La Grande Guerra o Tutti a casa di Luigi Comencini, il film di Cevoli è buon cinema, di quello che guarda al passato senza nostalgia, anzi con la voglia di dire qualche cosa di personale. In un’altra occasione, probabilmente se ci fosse stato un produttore-vampiro alle spalle, un comico televisivo come lui avrebbe esordito al cinema portando il suo personaggio di punta, quindi, in questo caso, non sarebbe stato improbabile vedere un film sul noto assessore romagnolo. Invece non c’è nessun riferimento al passato in tv e tutto quello che vediamo in Soldato Semplice è originale, a parte le concessioni famigliar-realistiche del comico che ha deciso di portare al cinema la storia di suo nonno, vero eliografista della Grande Guerra.
Ma si diceva del probabile fiasco, perché oggi un film carino e intelligente come Soldato Semplice non si saprebbe a che pubblico consigliarlo. Racconta fatti troppo lontani nel tempo per appassionare i ragazzi che seguono Cevoli in tv e utilizza un’ironia così fuori dal comune che ci palesa come il suo intento primario non sia quello di far ridere. È un’ironia mai volgare, a tratti quasi da cartone animato, con il Tenente Mazzoleni, interpretato da un bravissimo Luca Lionello, a padroneggiare la scena con i suoi eccessi militari che spesso e volentieri finiscono in farsa comica.
Il cast è in parte e se il soldato semplice Gino Montanari è auto-costruito sulle capacità e la verve di Cevoli, a sorprendere è soprattutto il giovane Antonio Orefice, qui al suo esordio cinematografico dopo tanto teatro e una particina in Gomorra – La serie, che rende il suo Pasquale Aiello (o Aiello Pasquale) un simpatico “scugnizzo” con il cuore e la semplicità che ci saremmo aspettati da un personaggio così. Il film che, come si diceva, è anche scritto da Paolo Cevoli, soffre a tratti di una stanca narrativa che lo appesantisce, suggerendoci che forse una durata più breve avrebbe giovato al ritmo, inoltre il climax finale mostra qualche falla che lo rende confuso e sbrigativo, con una contraddizione logica anche piuttosto evidente. Considerato soprattutto che Soldato Semplice è un esordio, c’è fin troppa grazia, un piccolo film fuori dagli schemi (per l’attuale mercato italiano) che fa respirare una boccata d’aria fresca nel mare magnum della logora commedia tricolore.