Ambendo a immergere la solita vicenda di teenager pasticcioni in un’atmosfera vagamente surrealista, il regista Tim Garrick, al suo esordio sul grande schermo, inserisce a sproposito la figura di una santa discinta e svampita, direttamente inviata dall’Onnipotente a Ric per guidarlo nel difficile percorso di crescita. Ma i tentativi di sperimentare (i ralenti, le immagini riavvolte che si ripetono, le sequenze oniriche) cozzano fragorosamente contro i dialoghi intrisi di moralismo zuccheroso che vengono affidati alla paffuta Selena Gomez, nel ruolo di una pudica fanciulla con ambizioni sacerdotali. Si finisce invischiati in un gran pasticcio, indeciso sulla direzione da prendere, confusionario, con aspirazioni da commedia indipendente e grandi cadute nella retorica più bieca. Non mancano, naturalmente, nudità a profusione: il pretesto per mostrarle è l’amicizia di Ric con il gestore di un lap-dance club.
Il protagonista è piuttosto antipatico e, anziché empatizzare con le sue disgrazie, viene voglia di augurargliene di nuove, la Gomez è imbambolata e petulante, i personaggi di contorno scialbi. A salvarsi nel marasma è la colonna sonora, dove spiccano brani di Cure e New Order. Simpatica ma fugace e muta apparizione dell’idolo teen più odiato del web, Justin Bieber, nel ruolo di un detenuto.
Il protagonista è piuttosto antipatico e, anziché empatizzare con le sue disgrazie, viene voglia di augurargliene di nuove, la Gomez è imbambolata e petulante, i personaggi di contorno scialbi. A salvarsi nel marasma è la colonna sonora, dove spiccano brani di Cure e New Order. Simpatica ma fugace e muta apparizione dell’idolo teen più odiato del web, Justin Bieber, nel ruolo di un detenuto.