TRAINWRECK - UN DISASTRO DI RAGAZZA (2015) - RECENSIONE

Dietro questo titolo svilente si nasconde un film molto piccolo in una confezione molto grande, ampia e pomposa. I colori saturi e il formato “largo” di Jody Lee Lipes, la partecipazione di un numero impressionante di star dello sport (singolarmente molto più famosi di qualsiasi degli attori coinvolti nel film, vedasi LeBron James) e la lunghezza come spesso capita con Apatow ingiustificata, cozzano con l’intimità del percorso di Amy, condizionata nei suoi rapporti dall’essere cresciuta con un padre particolare (esilarante l’attacco del film che lo vede protagonista) e destinata, lentamente, ad aprirsi. Questo approccio titanico però contribuisce a dare a Un disastro di ragazza un tono e uno stile superiori a ciò che il titolo italiano vuole suggerire e superiori al più semplice spunto di realizzare un film con la star della commedia emergente più interessante e coccolata del momento: Amy Schumer.
Da noi Amy Schumer non è nessuno, è al suo primo film come protagonista, mentre in America con il suo programma Inside Amy Schumer ha dimostrato di essere capace di farsi interprete di un punto di vista diverso, moderno e anche aggressivo sul rapporto tra sessi e il posizionamento del corpo femminile nella società contemporanea. Tutto con un umorismo obiettivamente fulminante e la pasta classica di Apatow, che sembra esaltarsi proprio nel gonfiare e dare più prospettiva e ampiezza alle storie piccole e intime.

Per quanto non implacabile ma sicuramente divertente, la sceneggiatura di Un disastro di ragazza è interamente scritta da Amy Schumer ed è una rinfrescante variazione sul tema più banale in assoluto: il passaggio dallo statuto di single impenitente alla conquista di un equilibrio sentimentale stabile e inquadrato. Apatow è famoso per i suoi film che invece che divergere dalle regole della società, convergono in esse, portano verso quella che è considerata la normalità (Molto incinta è stato uno dei più clamorosi) e trova in questo script di Amy Schumer una parabola perfettamente in linea con il proprio operato. Eppure proprio Un disastro di ragazza dimostra che la convergenza verso il consueto, l’equilibrato e l’usuale (quello che una volta si chiamava borghese ma oggi non è più caratteristica portante della borghesia), non esclude il dirompente, non esclude il divergente. La conquista dell’equilibrio in sè non è “normalizzazione” necessariamente, dipende da come questo è raggiunto.
La maniera in cui Amy Schumer scrive e interpreta un personaggio come quello di Un disastro di ragazza verso l’approdo alla coppia canonica (da che parte come libera e sessualmente indipendente) non ha molto di quieto. Quello che la Schumer afferma da sempre è la capacità di determinare da sè il proprio percorso e l’utilizzo del proprio corpo (che nella sua visione è una caratteristica fondamentale della maniera in cui la donna abita lo spazio sociale) e gli ostacoli che si frappongono ad una donna in questo tentativo. Se lo sforzo vada verso l’anticonvenzionale (che poi tanto anti non è più) o il convenzionale importa molto meno della maniera in cui il movimento è condotto, dello spirito e della capacità di compiere una progressione intellettuale personale che non dipende mai dagli altri ma ha la medesima fierezza personale di quelle che riconosciamo negli uomini.
In questo tutti gli altri interpreti del film, dai ragazzi occasionali (tra i quali troneggia John Cena) al chirurgo con amici importanti di Bill Hader, sono realmente solo meteore, anche quelli destinati a rimanere, perchè Un disastro di ragazza non ha nessuna intenzione di raccontare un amore (per quanto ci sia questo al centro della trama, il suo formarsi e il suo solidificarsi) ma la maniera in cui la protagonista si muove in una realtà moderna e urbana. La maggior parte delle scene la vedono lamentarsi, soffrire, gioire o ironizzare su ciò che le sta accanto, sui luoghi, i barboni, sulle persone che incontra e frequenta. Si sveglia a Staten Island in casa di uno che ha conosciuto e dovrà tornare fino a casa in minigonna al mattino, al lavoro la sua collega è un esilarante cuorcontento, il capo la massacra e i ragazzi che frequenta non la soddisfano, benchè l’essere donna sia il punto di tutto mai questa caratteristica la definisce, perchè non risponde a nessuno stereotipo, al massimo li subisce mal volentieri.
Amy Schumer si muove con un’indipendenza dal proprio genere che in sè ne afferma la libertà, qualsiasi scelta operino i suoi personaggi.