Ufficialmente i Sons gestiscono un’officina nella piccola cittadina di Charming, California. Un po’ meno ufficialmente, invece, sono una forza criminale che contrabbanda armi da fuoco e tiene in pugno Charming e la legge locale. Non che siano esattamente lo stereotipo degli spietati fuorilegge assetati di sangue, ma tra il già citato traffico illecito di armi, conflitti a fuoco con alcune gang rivali e rimozioni dei tatuaggi di un ex membro tramite fiamma ossidrica, lo show mette da subito in chiaro che i Sons fanno dannatamente sul serio. Sin dall’inizio sono in guerra con alcune gang rivali per il controllo del territorio, ma il conflitto più interessante diventa presto il nascente scontro di opinioni tra il cinismo capitalista di Clay e i morsi di coscienza del giovane Jax.
Jax, che nel club ci è nato e cresciuto, capisce l’esigenza di dover ricorrere alle maniere pesanti in alcuni casi – lui stesso si dimostrerà capace di compiere atti di inaudita violenza in più di un’occasione -, ma è anche il membro dei Sons che più di tutti dimostra una certa nobiltà d’animo. Ultimamente tollera sempre meno i metodi poco ortodossi di Clay e questo, unito alla nascita del suo primogenito e al ritrovamento di alcuni vecchi diari del padre defunto lo portano a chiedersi se sia davvero questa la direzione che il club dovrebbe intraprendere. C’è tutto un intero manoscritto che parla di come i Sons of Anarchy abbiano “smarrito la retta via”, che parla di anarchia intesa come concetto dilibertà estrema ed assoluta, ma lontana dal crimine e dal disordine portato dal suo socio. La visione di John Teller si è spenta lentamente nelle mani di uomini spietati e senza scrupoli come Clay e il suo braccio destro Tig, e Jax sembra avvicinarsi sempre più al punto di rottura, al momento in cui deciderà di smettere di guardare dall’altra parte, anche a costo di inimicarsi lo stesso Clay e sua madre Gemma. Jax è in conflitto con la sua stessa natura, col suo stesso sangue, ed è questo che rende le cose dannatamente interessanti.
Jax, che nel club ci è nato e cresciuto, capisce l’esigenza di dover ricorrere alle maniere pesanti in alcuni casi – lui stesso si dimostrerà capace di compiere atti di inaudita violenza in più di un’occasione -, ma è anche il membro dei Sons che più di tutti dimostra una certa nobiltà d’animo. Ultimamente tollera sempre meno i metodi poco ortodossi di Clay e questo, unito alla nascita del suo primogenito e al ritrovamento di alcuni vecchi diari del padre defunto lo portano a chiedersi se sia davvero questa la direzione che il club dovrebbe intraprendere. C’è tutto un intero manoscritto che parla di come i Sons of Anarchy abbiano “smarrito la retta via”, che parla di anarchia intesa come concetto dilibertà estrema ed assoluta, ma lontana dal crimine e dal disordine portato dal suo socio. La visione di John Teller si è spenta lentamente nelle mani di uomini spietati e senza scrupoli come Clay e il suo braccio destro Tig, e Jax sembra avvicinarsi sempre più al punto di rottura, al momento in cui deciderà di smettere di guardare dall’altra parte, anche a costo di inimicarsi lo stesso Clay e sua madre Gemma. Jax è in conflitto con la sua stessa natura, col suo stesso sangue, ed è questo che rende le cose dannatamente interessanti.
Per restare in tema di motori, si potrebbe dire che Sons Of Anarchy è un diesel: ci mette un po’ ad ingranare, ma quando finalmente lo fa fila via che è un piacere. Sutter all’inizio sembrava volersi limitare a fare il compitino senza strafare, e la sua creatura non dava l’impressione di essere poi tanto originale. Di nuovo c’era l’ambientazione (una California rovente e polverosa, quasi sporca) e il soggetto (banda di motociclisti contrabbandieri), ma per il resto sembrava essere la classica crime story raccontata dal punto di vista dei criminali, come già fatto prima dai Soprano o dallo stesso The Shield. Poi, col passare del tempo, la posta in gioco è stata alzata e improvvisamente, senza troppo clamore, questo piccolo telefilm gradevole ma incerto si è trasformato nella versione su due ruote dell’Amleto di Shakespeare (dal quale Sutter ha apertamente ammesso di attingere a piene mani): un padre morto in circostanze potenzialmente misteriose, un principe incerto sul sentiero da intraprendere, e un Re che non ha alcuna intenzione di abdicare. Jax è Amleto, chiaramente; il manoscritto di John Teller è il fantasma del padre defunto; Clay è Re Claudio, e Gemma, beh, lei è un mix equilibrato di Gertrude e Lady McBeth, con una spruzzatina finale di Carmela Soprano.
Quello che secondo me rende davvero grande Sons of Anarchy, oltre alle già citate allusioni shakesperiane e al crudo realismo di un universo dove ogni azione ha le sue conseguenze, e dove la morte non è affatto la soluzione di un problema, ma soltanto l’inizio di un nuovo problema ancora peggiore, è un cast senza il quale il telefilm perderebbe gran parte del suo fascino. Ron Perlman è carismatico da fare schifo nei panni di Clay, un club leader che giustifica anche le azioni più crudeli e spietate dicendo che è ‘per il bene del club’. E’ un personaggio fatto della stessa pasta dei Vic Mackey e dei Tony Soprano di questo mondo, il tipico antieroe che ami odiare e odi amare a seconda delle situazioni, i cui rari momenti di umanità non bastano a compensare l’enorme sfilza di cattive azioni. La grandezza di Perlman viene intaccata soltanto dall’altrettanta bravura di Katey Sagal, che riesce a tratteggiare con perfezione il ritratto di una donna letale, fedele al suo uomo e determinata a tutto pur di proteggere la sua famiglia. Lo stesso Charlie Hunnam, spesso indicato come il vero anello debole dello show, è cresciuto tantissimo col passare della stagione, iniziando a preoccuparsi meno di nascondere il suo vero accento e concentrandosi maggiormente sul personaggio, dandogli quello spessore e quella profondità che sembravano mancare all’inizio.
Ottimo anche il cast di supporto, composto da tanti volti noti e in grado di fornire le giuste sfaccettature a personaggi con un ruolo magari meno centrale, ma comunque vitali nell’economia dello show. Maggie Siff e Kim Coates e uno straordinario Jay Karnes in versione stalker psicotico, capace di rendere deliziosa con la sua presenza la prima metà della stagione. Menzione d’onore per lo sceriffo corrotto di Dayton Callie, lo spacciatore neonazista nemico dei Sons di Mitch Pileggi, e per Drea De Matteo nei panni della ex moglie tossicodipendente di Jax.
Ottimo anche il cast di supporto, composto da tanti volti noti e in grado di fornire le giuste sfaccettature a personaggi con un ruolo magari meno centrale, ma comunque vitali nell’economia dello show. Maggie Siff e Kim Coates e uno straordinario Jay Karnes in versione stalker psicotico, capace di rendere deliziosa con la sua presenza la prima metà della stagione. Menzione d’onore per lo sceriffo corrotto di Dayton Callie, lo spacciatore neonazista nemico dei Sons di Mitch Pileggi, e per Drea De Matteo nei panni della ex moglie tossicodipendente di Jax.
Titolo: Sons of Anarchy
Genere: crime drama
Episodi: 13
Durata episodi: 38-55 minuti
Trasmissione italiana: Cielo, Fox Italia