SONS OF ANARCHY - Stagione 2 - RECENSIONE

La brigata mascolina motorizzata da Kurt Sutter si era congedata con una discreta prima stagione, lasciando dietro di sé fumi di scarico forse un poco inconsistenti, fatti di saltuari episodi vuoti ed eccessive semplicità organizzative. Solo la crudele, spiazzante seconda metà aveva fatto rizzare le antenne televisive, installando speranze, per questa seconda manche di puntate testicolari, che paradossalmente vengono sbriciolate da una qualità complessiva addirittura sorprendente. Pur non spostandosi dalle coordinate rockeggianti della prima stagione, Sons of Anarchy acquisisce infatti una sicurezza espositiva che fa tremare le gambe sin dal primo episodio, creando un catenaccio solidissimo nel prosieguo della storia.
Via ogni tipo di riempitivo, via le pallide puntate autoconclusive, Sutter imbastisce una vicenda di sadico fascino, assai completa nel suo complesso meccanismo criminale che vede nell’avvocato ariano Zobelle uno degli strateghi del male più potenti, sicuri di sé e imbattibili che si siano mai visti in tv. La sua schiacciante superiorità, la perfezione del suo disegno, l’articolata e imprevedibile mole di idee si incastrano meravigliosamente in un mosaico corale dove le vite personali dei Sons e una manciata di comprimari sapientemente caratterizzati sono tasselli pazzi e instabili. È proprio nell’incontro/scontro di personalità così forti e discrepanti che Sons of Anarchy mostra la sua vera anima di strada: l’inevitabile rapporto di conflittualità tra l’inossidabile Clay e il ribelle Jax, le difficoltà di Opie nell'affrontare il mondo dopo il lutto e il rifiuto di appoggiarsi agli altri, il progressivo cambiamento di Tara e il suo trovare aiuto in Gemma, donna che ha sempre odiato. Scopriamo in questa maniera un compatto, eccezionale quadro psicologico – messo sempre a soqquadro dalla demoniaca perfezione criminale di Zobelle – che soltanto negli ultimi episodi si concede a un eccessivo sentimentalismo, forse evitabile nella sua lunghissima sequenza di lacrime e abbracci.
Splendido, splendido il cast, dall'energia giovanile di Charlie Hunnam allo statuario sguardo psicopatico di Henry Rollins, dalla saggia sofferenza interiore di Dayton Callie all’arrogante debolezza di Ally Walker, senza dimenticare ovviamente la mascella squadrata e i muscoli rocciosi di un Ron Perlman, volto tra i preferiti di sempre qui a Midian, che sprizza carisma a ogni alzata di sopracciglio.
Scritta con estrema cura nel dosare i colpi bassi, le frustate e le frustrazioni, la seconda stagione di Sons of Anarchy appare studiata meticolosamente in ogni suo aspetto (regia e colonna sonora conferisco ora dinamicità ora funesta drammaticità, i magnifici cliffhanger conclusivi lasciano tutto in sospeso con il giusto, intelligente taglio epico), e la progressiva gratificazione che se ne ricava è sicuramente quanto di meglio possa esserci stato nel passato 2010 televisivo (la serie è del 2009, ma ovviamente qui deve sbarcare con puntuale ritardo e con immancabile doppiaggio osceno).

Titolo: Sons of Anarchy
Genere: crime drama
Episodi: 13
Durata episodi: 35-55 minuti
Trasmissione italiana: Fox Italia