Nell’episodio pilot di Aftermath, invece, assistiamo in prima persona allo scatenarsi dell’inferno in terra, del delirio, del caos più totale. Uragani, tornado ad aria calda, terremoti, eruzioni e qualsivoglia catastrofe naturale si riesca ad immaginare, Aftermath la possiede, la mostra o la nomina. Ma non è tutto. Oltre ad una natura ribelle che evade le catene e reclama la sua vendetta, gli uomini impazziscono, toccati da quello che sembra essere una sorta di virus. In questo furore folle le persone diventano violente, assassine, perdono ogni cognizione civile. Le loro pupille si colorano di bianco e tendono ad assomigliare ad una variante di zombie rapidi e capaci (forse) anche di spiccare il volo!. I febbrosi, così vengono chiamati quelli corrotti da questa strana malattia, paiono inoltre essere collegati ad una specie di entità aeriforme blu, la cui origine sembra attribuirsi a degli spiriti arcaici svincolati finalmente dal terreno per via dei violenti sismi.
Protagonisti di questo survival dalle sfumature splatter sono i componenti della famiglia Copeland: Karen, Joshua e i loro figli. Aftermath non si accosta alla ramificazione horror sopracitata solo per via delle scene crude; ma se consideriamo lo splatter come la sottocategoria comica dell’horror, allora possiamo tranquillamente affermare che Aftermath è la parte ironica dell’apocalittico. L’unica cosa simile che mi viene in mente è Dead Rising.
I primi vagiti della serie sono rapidi e striduli, l’apocalisse arriva con una celerità esagerata, dettata dalla fretta di tuffarsi immediatamente nell’atto della sopravvivenza e dell’azione. Le scene vogliono essere sempre abbastanza corte e ciò contribuisce a mantenere alto il ritmo, senza perdersi troppo in chiacchiere. Lo stesso dicesi per i dialoghi: veloci come un lampo, pungenti come una lama. L’ironia è di casa in Aftermath, e nonostante siamo solo al primo atto della serie, si comincia ad intravedere già qualche scorcio allegorico. La famiglia Copeland viene divisa quasi subito dagli sceneggiatori, che decidono di lasciare in solitudine la giovane e biondissima Brianna, affinché si possa saltare come un canguro da una scena all'altra e mantenere l’andatura sempre incalzante.
I primi vagiti della serie sono rapidi e striduli, l’apocalisse arriva con una celerità esagerata, dettata dalla fretta di tuffarsi immediatamente nell’atto della sopravvivenza e dell’azione. Le scene vogliono essere sempre abbastanza corte e ciò contribuisce a mantenere alto il ritmo, senza perdersi troppo in chiacchiere. Lo stesso dicesi per i dialoghi: veloci come un lampo, pungenti come una lama. L’ironia è di casa in Aftermath, e nonostante siamo solo al primo atto della serie, si comincia ad intravedere già qualche scorcio allegorico. La famiglia Copeland viene divisa quasi subito dagli sceneggiatori, che decidono di lasciare in solitudine la giovane e biondissima Brianna, affinché si possa saltare come un canguro da una scena all'altra e mantenere l’andatura sempre incalzante.
Gli interpreti sono tutti di buon livello, su tutti Anne Heche (Karen Copeland), che ricordiamo per aver preso parte a serie come Everwood e Quantico o a film come Birth – Io Sono Sean e Joker – Wild Card; l’attrice sposa benissimo la parte della donna capo famiglia, colei che è chiamata spesso a prendere l’ardue decisioni, la persona che sa sempre che fare, la linea guida per il resto della truppa.
Il fattore che mette più curiosità è senz'altro l’enorme punto interrogativo che aleggia intorno all'intera vicenda. Perché questa rovinosa apocalisse? E’ davvero la fine del mondo? Cos'è quell'entità turchina che fugge dai corpi esanimi delle persone? Staremo a vedere, ma nel frattempo ci faremo cullare dalla singolarità della sceneggiatura, che pur mettendo a dura prova la pazienza dello spettatore (proprio per via dei numerosi e continui balzi da una ripresa all'altra) strappa molto spesso qualche sorriso di simpatia.
Per ciò che concerne la scenografia e il comparto grafico e fotografico non c’è molto da dire; gli effetti speciali sono abbastanza modesti ma assolutamente in linea con gli standard delle serie tv; infondo neanche Falling Skies di Steven Spielberg ha beneficiato di particolari fuochi d’artificio.
In generale, Aftermath è senz'altro una serie molto singolare, diversa dagli altri apocalittici, un incrocio tra ironia e tragedia, tra dramma e sorrisi. Senza dubbio, in casa Syfy non manca la fantasia.
Il fattore che mette più curiosità è senz'altro l’enorme punto interrogativo che aleggia intorno all'intera vicenda. Perché questa rovinosa apocalisse? E’ davvero la fine del mondo? Cos'è quell'entità turchina che fugge dai corpi esanimi delle persone? Staremo a vedere, ma nel frattempo ci faremo cullare dalla singolarità della sceneggiatura, che pur mettendo a dura prova la pazienza dello spettatore (proprio per via dei numerosi e continui balzi da una ripresa all'altra) strappa molto spesso qualche sorriso di simpatia.
Per ciò che concerne la scenografia e il comparto grafico e fotografico non c’è molto da dire; gli effetti speciali sono abbastanza modesti ma assolutamente in linea con gli standard delle serie tv; infondo neanche Falling Skies di Steven Spielberg ha beneficiato di particolari fuochi d’artificio.
In generale, Aftermath è senz'altro una serie molto singolare, diversa dagli altri apocalittici, un incrocio tra ironia e tragedia, tra dramma e sorrisi. Senza dubbio, in casa Syfy non manca la fantasia.
Titolo: Aftermath
Genere: fantascienza
Episodi: 13
Durata episodi: 60 minuti
Trasmissione italiana: inedita