THE 100 - Stagione 6 - RECENSIONE

Ogni capodanno facciamo dei buoni propositi per l’anno nuovo: mangerò più frutta, farò più attività fisica, manderò meno meme ironici ai miei colleghi durante le riunioni importanti. Ecco, ora però immaginatevi di essere Clarke, Bellamy e compagnia bella. Il vostro capodanno non è il giorno in cui sparate fuori d’artificio e stappate l’ennesima bottiglia di spumante. Per voi un nuovo inizio è il pianeta su cui siete atterrati dopo aver dormito decine di anni, ancora giovani e volenterosi di non distruggere l’ennesima civiltà centenaria.
Peccato che questo show si chiami proprio The 100 e che lo sceneggiatore sia (ancora) Jason Rothenberg. Davvero vogliamo credere che Clarke e tutti gli altri non manderanno al diavolo l’ennesimo paradiso quasi-terrestre su cui hanno avuto la fortuna di capitare? Certo che no. Perché “fare meglio”, ormai, è sinonimo di “fare esattamente tutto uguale”.
La realtà in cui Clarke (Eliza Taylor), Bellamy (Bob Morley), Echo (Tasya Teles) e gli altri si trovano è quella di Sanctum. Una pseudo-terra creata proprio da terrestri sfuggiti dal nostro pianeta prima che diventasse inospitale per il genere umano. Purtroppo questo luogo civile ed evoluto nasconde un piccolo, grande segreto. I primissimi umani della missione che aveva colonizzato la pseudo-terra hanno ben pensato di autoproclamarsi divinità e di prendersi corpi degli esseri umani nati con il nightblood per trasferire, di volta in volta, la propria coscienza in un nuovo corpo. In maniera non dissimile da quella con cui la coscienza dei Commander viene tramandata con un chip contenente la coscienza dei Commander precedenti.
Detta così viene spontaneo appoggiare l’ennessima azione guerrafondaia guidata dal duo Clarke e Bellamy. Lungi da loro da lasciar correre un’ingiustizia e perdere l’occasione di farsi osannare come paladini della giustizia. Dall’altra, come dice Jordan nell’ultimo episodio, è stato davvero necessario sconvolgere la vita di queste persone, per quanto imperfetta potesse essere? Loro stessi, avendo stravolto un sistema che aveva funzionato per decenni, non si sono forse auto-imposti come delle “divinità” liberatrici?.
La storia che viene scritta dai vincitori, in questo caso, non può che avere un sapore agrodolce. Non ci sono buoni e cattivi, nessuna delle due fazioni è priva di colpa. Che siano i Primes o che siano i terrestri che abbiamo visto fare scelte sbagliate per ben cinque stagioni, a rimetterci sono comunque povere comparse di cui non conosceremo mai il nome.

Uno degli aspetti che maggiormente però è possibile apprezzare in questa sesta stagione di The 100 non è la trama – benchè risulti comunque molto avvincente, specialmente nella seconda parte di stagione – ma lo spazio dedicato ai personaggi secondari. Se ci soffermiamo un attimo a pensarci, Clarke è assente per due terzi della stagione, impegnata nella lotta mentale con Josephine. Scopriamo nuovi aspetti di Dyioza ed è meraviglioso l’episodio dedicato al passato di Echo.
In un certo senso è la stagione dei “misfits”, questa. Certo, non mancano i drammi familiari dei fratelli Blake, i piagnistei di Clarke o le fisse mentali di Abby, eppure le luci sono puntate su un altro palcoscenico, su altri protagonisti e altri spettacolari racconti. Per esempio non si può fare a meno di provare interesse per Gabriel e l’intero background che l’ha portato ad abbandonare la propria gente e creare un vero e proprio filone religioso opposto. La stessa Josephine, per quanto schizofrenica, è stata tra le cose più belle di questa sesta stagione. Una villain che per una volta era disposta ad andare fino in fondo per raggiungere i propri scopi, senza mezze misure.
Un po’ come accaduto con Thanos in Avengers, anche i Primes non sono quindi esuli dalle proprie colpe ma ciononostante le loro ragioni hanno un fondamento (molto deviato) di logica. Se ne aveste la possibilità, non scegliereste anche voi l’immortalità? Importerebbe davvero il mezzo con cui è possibile ottenerla, se poteste vivere con i vostri cari per sempre. Cioè, a me importerebbe, ovviamente, ma io non sono Russell o Josephine o Simone.
Gli abitanti di Sanctum sono stati ben delineati, con pregi e difetti, ed una parte del motivo per cui questa sesta stagione ha funzionato sono stati proprio loro e le loro mille sfaccettature. I vestiti un po’ trash, le corone, gli abiti riccamente decorati: erano divinità in tutto, tranne che nell’effettivo elemento biologico del loro essere. Un sogno di grandezza intrappolato in un corpo mortale e deperibile.

Tra le cose che meglio sono state gestite in questa stagione, probabilmente, inserirei la possessione di Clarke, senza dubbio. La sua lotta per non abbandonarsi all’inevitabile, nonché il viaggio sulla memory lane (che agli autori delle serie tv americane piace così tanto!) che ci ha riportati sulla navicella originale dei 100 originali. Eliza Taylor ha dato il meglio di se in questa stagione, con un filone (nell’ordine): Josephine che finge di essere Clarke; Clarke che lotta con Josephine; Clarke che finge di essere Josephine, oltre ai rispettivi caratteri singoli delle due personalità (molto, molto diverse).

Altro percorso degnamente scritto è stato quello dei fratelli Blake. C’era molto di non detto tra i due, c’erano cose che non potevano essere semplicemente lasciate correre. Quello che Octavia (Marie Avgeropoulos) aveva fatto sulla Terra aveva avuto un costo, incluso l’amore di Bellamy. “Sei mia sorella ma non sei più una mia responsabilità” le dice il maggiore dei Blake.
Ma poi anche Octavia si redime, fino ad avere un ruolo centrale nella seconda parte della stagione. Non è ancora chiarissimo quale sia il suo ruolo all’interno dell’Anomalia che ha risucchiato Dyioza. È evidente che Octavia sappia ciò che è accaduto all’interno del vortice verde, o che sappia almeno una parte, altrimenti non si spiegherebbe il suo riconoscere Hope e mormorarle “Digli che è fatta” pochi secondi prima di una pugnalata (che potrebbe essere mortale). Straziante il grido di Bellamy nel finale, chiaro segno del fatto che, litigi o meno, lui sarà sempre il protettore di sua sorella e non potrà mai smettere di amarla.

Sebbene non avesse particolari buchi di trama, non sono riuscita ad entrare in sintonia con la storyline di Madi (Lola Flanery) e l’intera faccenda del Comander-Sith. Forse con maggiore minutaggio e un impatto complessivamente più significativo sul resto della trama avrei potuto trovarla godibile. Ma, al di là dell’ultimo episodio, credo che Madi sia stata abbastanza inutile.
Un po’ come il minutaggio sprecato per i poveri Abby (Paige Turco) e Marcus (Henry Iain Cusack). Se gli attori avevano espresso il desiderio di andarsene o se Rothenberg aveva capito che avevano fatto il proprio corso va benissimo. È una serie tv: non si può mica pretendere che tutti vivano per sempre. Ma c’erano centinaia, migliaia di modi più eleganti per farli uscire di scena. Qualcosa che non includesse questo squallido body-swap con evidente finalità di eliminazione.
Indipendentemente dalle simpatie personali (ecco, a me Abby stava sui coglioni da sempre) la vita di un personaggio ha valore anche e soprattutto nei suoi ultimi attimi di esistenza. Ecco perché trovo inaccettabile la fine che Rothenberg ha fatto fare a questi due poveretti. Inaccettabile.
In conclusione la sesta stagione di The 100 è stata una bella stagione, sebbene non la si possa esonerare dagli errori che è normale riscontrare in una serie tv che arrivi a così tanti episodi. La scelta di dare spazio ad altri personaggi che non fossero semplicemente i soliti Bellamy e Clarke ha dato valore alla storia, senza per questo mancare di evidenziare, quando necessario, anche i personaggi principali. Tra tutti John (Richard Harmon) ed Emori (Luisa d’Oliviera), il cui menefreghismo verso il prossimo, quasi sempre plasmato in altruismo dell’ultimo minuto, è immancabile, qualsiasi sia la stagione di The 100 che si stia guardando.
La settima stagione sarà anche l’ultima e ormai le speranze per la Bellarke sono salpate con il matrimonio di Eliza e Bob (almeno una gioia!). Le premesse per una degna conclusione ci sono tutte, con tanto di trame lasciate appositamente aperte per una degna continuazione della storyline.


Titolo: The 100
Genere: post apocalittico, distopico, drammatico, azione
Episodi: 13
Durata episodi: 40 minuti
Trasmissione italiana: inedita