THE CONJURING 1 (2013) - RECENSIONE

Tratto da una storia vera, L’evocazione – The Conjuring ci porta indietro di circa quarant’anni. Rhode Island: la numerosa famiglia Perron si trasferisce in una spaziosa villa fuori dal centro urbano. Tuttavia una presenza serpeggia tra le mura di questa nuova abitazione, elemento estraneo il cui intento è quello di far sperimentare il suo stesso tormento ai nuovi residenti
Ce lo siamo chiesti così tante volte negli ultimi anni, che alla fine ce lo siamo dimenticati. «Cosa?», vi starete a vostra volta chiedendo: quando la demologia sul grande schermo è tornata ad essere presa così tanto sul serio da avere così tanti film incentrati su possessioni e affini. Richiederebbe tempo mettervi a parte delle indagini; troppo spazio sottoporvi gli esiti. Sta di fatto che The Conjuring non passa inosservato da tempo, ben prima che il film di James Wan venisse accolto così calorosamente come è già avvenuto e sta avvenendo all’estero.
The Conjuring è un film girato davvero bene, con tutti i crismi del genere e non solo. Nonostante quanto poco sopra evidenziato, rimane saldamente e volutamente ancorato al filone horror per via del suo palese attaccamento al passato, recente o meno. Non solo banali citazioni, ma veri e propri omaggi iniettati in profondità; strutturali a tal punto da non poter nemmeno concepire quest’opera scevra di tutta una serie di efficaci soluzioni.
Misurato, The Conjuring trova nel ritmo uno dei suoi principali punti di forza. Non spreca un centimetro di pellicola Wan, che porta avanti la narrazione con mano sicura e trovate altrettanto affidabili. L’uso della macchina da presa, che alcuni potrebbero ritenere addirittura secondario, è esattamente ciò che dona vigore ad una storia stanca e stancante già nelle premesse: d’altronde sappiamo di che si tratta, ed i cosiddetti «colpi di scena» non devono certo attenere al quadro narrativo – o almeno, non per forza. Ad alcune immagini potenti, Wan integra tutta una serie di movimenti di camera elegantissimi, specie perché funzionali, per l’appunto. Estinto il gravoso debito con Shining, per via di una buona prima mezz’ora di zoomate in avanti e indietro, Wan si appropria di un altro registro, alternando con disinvoltura momenti da found footage con altri da horror canonico. Spiazzanti, in positivo, quelle primissime sequenze, in cui l’uso delle luci sembrano calarci in un contesto artigianale, quasi a voler anche qui riconoscere un debito di coscienza a certi film fatti in casa ma non per questo “minori”.
Tuttavia non fatevi ingannare, perché The Conjuring, a dispetto dei “soli” 20 milioni di budget, è un film nell’accezione più classica del termine. Anzi, per tanti aspetti è proprio cinema. Ritagliando episodi qua e là, il taglia-e-cuci di in sede di sceneggiatura alleggerisce una storia che poteva di gran lunga soffermarsi maggiormente sulla tematica dell’esorcismo, mentre il lavoro di Wan ci restituisce un contesto con poche o nessuna sbavatura, dove a farla da padrone sono certi accorgimenti vecchio stile, non dei banali espedienti in computer grafica – salvo rare scene, come quella del lenzuolo: notevole, sebbene in CGI.
Forse presta un po’ il fianco a qualche riserva quel pre-finale, quando, a cose fatte, il senso che si ricava è che a scacciare i demoni non siano riti o preghiere (in latino), bensì emozioni e sentimenti. Conclusione forzata la nostra? Non necessariamente: osservate e capirete. Sta di fatto che la scelta di seguire in parallelo le due famiglie, quella composta dai Warren da un lato e la ben più numerosa nidiata dei Perron, funziona e ci innesta agevolmente nella storia. Fino all’incontro tra i due nuclei, quando qualcun altro avrebbe preferito far partire da lì il film: nulla di tutto questo, perché nel momento in cui hanno inizio le indagini in loco presso villa Perron, lo spettatore è già cotto a dovere – né poco né molto, in attesa dell’ultima, definitiva infornata.
Nel cast corale spicca Patrick Wilson, nonostante l’ottima presenza di Vera Farmiga. Ma in un contesto di questo tipo, inutile negarlo, sono i singoli episodi che finiscono con l’essere ricordati: un inquietante applauso da un armadio, un movimento di camera che rivela con astuzia un particolare allarmante. Di questo vive The Conjuring, un’opera che dà spessore alla sostanza lavorando parecchio sulla forma. Il risultato è un film godibile, interessante, nonché molto disciplinato, che nel suo guardarsi indietro riesce a cogliere certi determinati elementi che gli permettono di dare vita ad un’identità propria, distinguendosi rispetto ad una marea di pellicole che applicano regole e formule come semplici ragionieri.
Come vedete non ci si sofferma su tematiche, chiavi di lettura e quant’altro. Semplicemente perché – e a questo punto speriamo sia pacifico – The Conjuring non s’industria nell’azzardoso tentativo di dare un senso a tutte quelle misteriose e proprio per questo sconvolgenti manifestazioni soprannaturali. Anzi, nel momento in cui abbozza un vago indirizzo interpretativo rischia di fare il passo più lungo della gamba. Ma poco importa: a quel punto l’esito positivo è già maturato, e Wan e soci portano a casa un risultato utile, proprio perché le loro ambizioni sono state rivolte verso i giusti obiettivi.


Titolo: The Conjuring
Anno: 2013
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 112 minuti