DAMSEL (2024) - RECENSIONE

Damsel arrivava giusto in tempo per la Festa della Donna. Era facile prevedere che questa nuova creatura Netflix sarebbe stata diversa dal classico film Fantasy, ma alla fin fine, il film di Juan Carlos Fresnadillo diventa una colossale occasione perduta tra noia e mancanza di brio, e ci ricorda due cose importanti: che Millie Bobby Brown deve scegliersi meglio i progetti e che la narrazione eroica al femminile è ad un punto morto.
Damsel è ambientato nel Regno di Inophe ed ha come protagonista la Principessa Elodie, che a dispetto della situazione non proprio rosea della sua terra afflitta da povertà e clima inclemente, tutto sommato se la cava. Tuttavia, come ogni Principessa, Elodie è chiamata a sacrificare la sua felicità per il bene del regno, o almeno questo è la volontà di Lord Bayford, andando in sposa al Principe Henry, erede del ricchissimo regno di Aurea. 
Ad ogni modo, Elodie pare entusiasta del Principe, del Regno, insomma sta vivendo un sogno, finché non si accorge a sue spese, che è destinata a finire in sacrificio ad un terrificante drago, come tante prima di lei, per onorare un’antica tregua tra Aurea e la terrificante creatura. Sarà solo l’inizio di una grande avventura. O meglio, questo doveva essere, perché Damsel in realtà fin dall’inizio rivela un’anima a metà tra il commerciale più puro e l’algoritmico più terrificante, quello che ha reso Netflix spesso il regno della prevedibilità più deprimente, tanto quanto spesso sa essere fonte di novità incredibili e innovative. 
Damsel però ha una scrittura così pigra, così scopiazzata da sostanzialmente ogni fiaba, storia o mito su cui effettua un’inversione femminista e inclusiva così tronfia, noiosa e allo stesso tempo arrogante, che il nervosismo vola più in alto del drago. Anche dal punto di vista visivo, Damsel svela la sua identità di opera minore, una volta si sarebbe detto di Serie B, per lo stesso concept di scenografie, costumi e naturalmente del Drago, che manco farlo apposta è mezzo di un rovesciamento (l’ennesimo) dell’icona classica del mostro o villain. Roba che già era fuori moda al tempo di Maleficent e che si insiste a voler proporre in ogni sala tra Pixar, Disney e Marvel. Il risultato però è stato quello di rendere tale tema ormai sostanzialmente usurato, solo uno dei tanti errori che Damsel impugna quasi con noncuranza. Il secondo è proprio lei: Millie Bobby Brown.
L’industria cinematografica moderna ha la necessità di produrre nuovi volti, per gli under 25, che ormai quasi sempre decidono il successo o il fallimento di ogni prodotto audiovisivo. Jenna Ortega, Sydney Sweeney, Zendaya, sono gli altri volti al femminile che assieme a Millie Bobby Brown dominano sostanzialmente quasi ogni prodotto. La narrazione di cui Damsel si fa forza, è la stessa però che abbiamo già visto altre volte con altre protagoniste, come Cursed, Tenebre e Ossa, Princess. Il vero problema di Damsel è che Millie Bobby Brown semplicemente non può interpretare ogni ruolo, non può stare in modo credibile in ogni genere e la regia non riesce neppure per un istante a realizzare una sospensione dell’incredulità che rende Elodie, qualcosa di più di una copia sbiadita di Rey Skywalker, forse uno dei peggiori esempi di eroina al femminile della storia del cinema. Come la protagonista della trilogia sequel di Star Wars, anche Elodie è iper-potenziata senza motivo, senza un’evoluzione, resa invincibile senza un senso, quasi una sorta di ispettore Clouseau al contrario. In Damsel poi la Brown è identica o quasi a Enola Holmes (altro prodotto trascurabile) e azzera totalmente ogni interesse. La verità è che le protagoniste al femminile vivono un momento molto difficile, come testimoniato da The Marvels e Madame Web, a causa di scritture di scarso valore e audacia. Oltre a darci un film prevedibile, retorico, autoreferenziale, quasi arrogante, Damsel contribuisce ad irrigidire la descrizione femminile moderna dentro una perfezione, che è terra arida per ogni crescita semantica, per un qualcosa che sappia donarci personaggi e anche attrici all’altezza di ciò che furono Sigourney Weaver, Linda Hamilton, Carrie Fisher o Charlize Theron. Millie Bobby Brown ha ancora tanta strada da fare, fama e bravura non sono sempre la stessa cosa e lei, spuntata da Stranger Things e venduta quasi un tanto al chilo, tenuta in palmo di mano dalle major, forse non ha ancora trovato nessuno che glielo abbia fatto capire.


Titolo: Damsel 
Anno: 2024
Distribuzione: Netflix
Durata: 108 minuti