THE WITCHER - Stagione 1 - RECENSIONE

Giudicare una serie tv fantasy come The Witcher non è mai semplice. Soprattutto quando è coinvolta Netflix e quando davanti allo schermo c’è una fan base scolpita dalla serie di romanzi di Andrzej Sapkowski, dai tre capitoli di videogiochi realizzati dalla casa software polacca CD Projekt RED e perfino due scaglioni di fumetti, di cui l’ultima da parte risalente al 2013 della Dark Horse Comics (Sin City e The Umbrella Academy vi dicono niente?). Senza dimenticare il film Wiedźmin del 2001 e la successiva serie tv polacca omonima del 2002, di cui probabilmente non avrete mai sentito parlare – e nessuno ve ne farà una colpa!
Purtroppo (o per fortuna) non avevo mai sentito parlare di Geralt di Rivia fino a quando Netflix non ha annunciato che Henry Cavill ne avrebbe assunto le fattezze nella sua produzione. Il mio non può pertanto che essere un giudizio di parte, vergine di qualsiasi influenza esterna o precedente. Lo anticipo qualora la vostra prima critica sia una mancanza di correlazione al videogioco o ai libri: non ci ho giocato e non li ho letti, e se è un limite insuperabile vi consiglio di cercare una critica comparativa altrove. Dopo questa doverosa premessa, passiamo ai fatti.
Nulla avrebbe potuto fermare il mio scetticismo nell’approcciarmi alla visione di una serie tv fantasy. Primo perché quasi tutte quelle che ho visto hanno avuto notoriamente vita breve (Game of Thrones è l’eccezione che conferma la regola). In secondo luogo perché la puzza di “già visto” e “scontato” era dietro l’angolo. La mia sorpresa non avrebbe potuto essere più grande quando, più o meno alla fine del secondo episodio e soprattutto a metà del quarto, ho capito che The Witcher non sarebbe stata, dopotutto, gettata nel cestino delle serie tv da dimenticare.
Un mix tra La Spada della Verità e Il Signore degli Anelli, che prende in prestito un po’ dalla retorica a puntate di Xena – Principessa Guerriera e dello stesso Hercules, la storia tratta dai libri di Sapkowski introduce un mondo oscuro, cruento e drammatico. Un mondo fatto di ambientazioni realistiche, sceneggiature audaci e CGI (purtroppo) scadente. Bellissimi i costumi, per una volta sporchi e sgualciti come è giusto che siano quelli di viaggiatori che non hanno acqua corrente a disposizioni, e curata la scenografia.
Perché un fantasy abbia successo deve prima di tutto convincere, addentrarsi nell’immaginazione dello spettatore e dargli molto più di quello che vede sullo schermo. The Witcher ci riesce, perché non perde tempo a spiegarti il mondo in cui la storia è ambientata, ma piuttosto ti ci catapulta senza darti il tempo di pensarci. Forse si potrebbe obiettare che il ritmo è troppo veloce, che la storia inizia in medias res e non ha un’introduzione degna di questo nome. Ma sarebbe stato un metodo tradizionale e banale quello di raccontare l’evolversi degli eventi su una linea retta tradizionale, una strada che la serie tv Netflix ha scelto (fortunatamente) di non percorrere.

I primi due episodi introducono, senza girarci intorno, quelli che saranno i principali protagonisti della prima stagione. Geralt di Rivia (Henry Cavill) è un witcher, un cacciatore di mostri, spesso relegato ai confini della società per i suoi poteri sovrannaturali. Anche se ancora non lo sa (e, in realtà, non lo sappiamo neppure noi) il suo destino è intrecciato a quello della principessa Cirilla (Freya Allan) di Cintra, una delle poche sopravvissute all’attacco di Nilfgaard alla sua città, in cui perisce anche sua nonna, la regina Calanthe (Jodhi May). Terzo angolo della triade dei personaggi principali è Yennefer di Vergenberg (Anya Chalotra), forse una delle figure più interessanti di tutta la serie tv – molto più di Ciri, comunque. Una ragazza con deformità fisiche che racchiude dentro di se un enorme potere, notato dalla maestra dell’accademia di Aretuza, Tissaia (MyAnne Buring).
In questa scacchiera fatta di guerrieri solitari, principesse con regni perduti da riconquistare e maghe pronte a sacrificare tutto pur di ottenere ciò che desiderano di più, è normale che qualche clichè ci scappi. Magari anche più di uno. Perché non è la prima volta che un fantasy parte da presupporti oggettivi. Tra questi non mancano eroi che hanno sofferto prima diventare ciò che sono, che hanno dei sani principi su cui basano la propria longeva esistenza. O altri che sono, al contrario, egoisti nella loro essenza e nelle loro azioni, senza preoccupazione alcuna di altro che non siano i propri interessi. Almeno finchè un amichevole Geralt di Rivia di quartiere non incroci il loro cammino.
Per una volta questi luoghi comuni non mi disturbano, sarò sincera. Non tanto perché rendono la storia diversa, ma perché la semplicità di questi elementi permette di dare complessità ad altri elementi della narrazione, tra cui l’intreccio delle storie e della linea temporale. La scelta di raccontare la stessa vicenda su piani differenti è uno dei punti vincenti di una serie tv che altrimenti avrebbe potuto essere facilmente noiosa. Perfino i personaggi riescono a sorprendere, seppure in piccole, piccolissime dosi.
Tra gli aggettivi che ho visto online associati a The Witcher primeggiava il confronto con il concluso Game of Thrones. Una tendenza in parte condizionata dall’infelice fine di una serie tv che ci ha accompagnato per quasi dieci anni. Non si può però negare che il tempismo, unito ad una fan base letteraria pre-esistente, e ad un genere che ha lasciato un vuoto da colmare potrebbero farne il candidato ideale.
Non potrei concludere questa recensione senza citare due elementi tecnici importantissimi: la cinematografia e le coreografie di battaglia. Sebbene il CGI lasci a desiderare – i draghi e i mostri sono qualcosa che nemmeno i film pomeridiani nei weekend anni 2000 su Italia1 – non si può dire lo stesso per la cinematografia. C’è un buon equilibrio tra scene collettive e primi piani, un’ottima sequenza di protagonisti e scenografie. Si potrebbe far notare che alcune scene sembrano uscite dal videogioco, ma non avendoci mai giocato non saprei confermare o smentire questa teoria. Personalmente ho trovato molto più marcato il desiderio di collegare un prodotto cinematografico al videogioco con le scelte di Prince of Persia o Assassin’s Creed che non in questo prodotto Netflix.
Non resta molto altro da dire sulla serie tv di Lauren Schmidt Hissrich, già produttrice e sceneggiatrice di Daredevil e The Umbrella Academy. Si tratta di un buon fantasy, non privo di difetti e di certo tutt’altro che perfetto ma non di meno un buon prodotto, una serie tv piacevolmente atipica e brutalmente imponente nella sua continuità. C’è magia, c’è guerra, ci sono giochi di potere e c’è perfino amore, anch’esso destrutturato per adattarsi ad un mondo caratteristico.

Titolo: The Witcher
Genere: azione, avventura, fantastico, drammatico
Episodi: 8
Durata episodi: 48-67 minuti
Trasmissione italiana: Netflix