Un padre completamente cretino decide di portare una famiglia con i consueti problemi interni (già esilaranti perchè il fratello piccolo maltratta il più grande come se il rapporto anagrafico fosse inverso) in un lungo viaggio in macchina fino al parco di divertimenti Walley World, poichè decenni prima suo padre aveva fatto la stessa cosa (ovvero la trama di National Lampoon’s Vacation). Siamo quindi nella seconda generazione dei Griswold, in cui Rusty da figlio diventa padre e non è molto diverso dal suo di padre, che comparirà (interpretato sempre da Chevy Chase) in un clamoroso e bellissimo cameo. Nel viaggio come di consueto succedono molte cose, molti problemi, molte assurdità che non costituiscono mai il punto di arrivo di un discorso ma sono passaggi comici dell’universo di inadeguatezza descritto Daley e Goldstein, quello nel quale il protagonista sembra vivere in un mondo che non gli appartiene, di cui non conosce le regole e nel quale pare non essere cresciuto.
Seguendo la scia tracciata dal primo film, quella dell’accumulo di gag slapstick e di distruzione, vero motore di tutto il film, la storia procede come alimentata da un desiderio di morte degli sceneggiatori. Sempre più vicini all’annichilimento i Griswold passano con una grazia stupefacente da bagni nel letame al massacro di mucche (nella tenuta del cognato, esilarante partecipazione di Chris Hemsworth), da un’automobile incomprensibile fino agli insulti ai camionisti con un’indomita positività contagiosa. Addirittura Daley e Goldstein scrivono un piccolo segmento che si svolge all’università frequentata dalla madre di famiglia che massacra qualsiasi revisionismo vacanziero di genitori vs figli operato dai vari Un weekend da bamboccioni. Attraversando gli Stati Uniti non ammirano un paesaggio nè interagiscono con il paese, lo sfondo non importa (l’esatto opposto delle commedie italiane), il loro spostamento è un continuo accumulo di tensione distruttiva e forza comica fino all’incontro con “gli originali”, i nonni Griswold.
Eppure l’impresa più epica di Come ti Rovino le Vacanze sembra quella di essere riusciti a sposare un atteggiamento prelevato a forza dal 1983 con la comicità moderna, in un film che rifiuta di descrivere il contemporaneo e preferisce spiegare un altro cinema, quello di 30 anni fa, ad un pubblico che non ne sa niente.
Seguendo la scia tracciata dal primo film, quella dell’accumulo di gag slapstick e di distruzione, vero motore di tutto il film, la storia procede come alimentata da un desiderio di morte degli sceneggiatori. Sempre più vicini all’annichilimento i Griswold passano con una grazia stupefacente da bagni nel letame al massacro di mucche (nella tenuta del cognato, esilarante partecipazione di Chris Hemsworth), da un’automobile incomprensibile fino agli insulti ai camionisti con un’indomita positività contagiosa. Addirittura Daley e Goldstein scrivono un piccolo segmento che si svolge all’università frequentata dalla madre di famiglia che massacra qualsiasi revisionismo vacanziero di genitori vs figli operato dai vari Un weekend da bamboccioni. Attraversando gli Stati Uniti non ammirano un paesaggio nè interagiscono con il paese, lo sfondo non importa (l’esatto opposto delle commedie italiane), il loro spostamento è un continuo accumulo di tensione distruttiva e forza comica fino all’incontro con “gli originali”, i nonni Griswold.
Eppure l’impresa più epica di Come ti Rovino le Vacanze sembra quella di essere riusciti a sposare un atteggiamento prelevato a forza dal 1983 con la comicità moderna, in un film che rifiuta di descrivere il contemporaneo e preferisce spiegare un altro cinema, quello di 30 anni fa, ad un pubblico che non ne sa niente.