La sesta stagione prosegue il trend lanciato dalla precedente, focalizzandosi molto sul personaggio di “Evil Locke” o “Man in Black”, l’antagonista di Jacob senza un preciso nome, e le sue non precise intenzioni nei confronti dei personaggi naufragati sull'isola anni prima. Intermezzi (a volte molto interessanti, a volte meno) alla trama principale sono i cosiddetti Flash-Sideways, una sorta di “cosa sarebbe successo se...” che ricopriranno un ruolo fondamentale negli ultimi episodi. La trama, in entrambi i casi, si sviluppa lungo tutto un percorso (che in alcuni frangenti, ad essere sinceri, non sembra poi così ben definito come gli autori hanno voluto farci credere in questi anni) che porterà all’agognato epilogo nella diciottesima puntata. Gli ostacoli lungo il percorso, in particolar modo per questa sesta stagione, saranno innumerevoli: molti saranno gli addii, frequenti i momenti commoventi ed emozionanti, un solo finale.
All'insegna del fatto che “è più importante il viaggio dell’arrivo” ribadisco ancora una volta che una serie come Lost non può essere analizzata semplicemente per quel che è la puntata conclusiva, da molti amata, da molti criticata, da alcuni forse non capita. Al di là del fatto che essa possa sembrare un tentativo per sviare dalle molte (forse troppe) risposte ai misteri che non sono state date, è da capire che quello che abbiamo vissuto è da considerarsi proprio un viaggio dei personaggi, dei protagonisti che abbiamo imparato ad amare lungo 6 stagioni e più di un centinaio di episodi: nel momento in cui il viaggio arriva alla fine, nel momento in cui il “main event” è arrivato al suo naturale epilogo, sarebbe forse inopportuno aggiungere altro oltre a ciò che è già stato detto. Probabilmente altri segreti saranno svelati in futuro grazie ad operazioni commerciali incrociate (ad esempio l’enciclopedia di Lost o i contenuti speciali nei BluRay in vendita prossimamente), tuttavia una volta che si arriva alla fine non si sente così fortemente l’esigenza di conoscere e scoprire cose secondarie, rimaste irrisolte ma che passano in secondo piano di fronte a quanto viene proposto.
Tralasciando per un momento il dibattito relativo alla conclusione e passando ad analizzare unicamente la sesta stagione, come da tradizione si alternano episodi incredibilmente avvincenti ad altri “filler” che in una stagione conclusiva non hanno proprio senso di esistere. Anzi, è proprio questo l’errore che appare più evidente e che fa pensare ad una mancanza di idee da parte degli autori: piuttosto che includere episodi che hanno un’utilità praticamente nulla ai fini della trama, perché non sviluppare altri episodi capaci di dare maggiori risposte ai quesiti rimasti incompiuti durante le stagioni precedenti? Quindi, pur non trattandosi della stagione migliore, né della peggiore, di Lost, appare adatta, ma non perfetta, a trasportare gli spettatori verso il capitolo conclusivo della saga. Dal punto di vista registico, delle interpretazioni e della sceneggiatura è in linea alla produzione degli anni scorsi. Un solo appunto: nel primo episodio un’immagine mostra gli abissi marini e, sinceramente, in Computer Grafica abbiamo visto molto di meglio negli anni pur senza poter disporre di un budget simile a quello di Lost, anche se questo è un difetto che la serie si porta dietro da tempo.
All'insegna del fatto che “è più importante il viaggio dell’arrivo” ribadisco ancora una volta che una serie come Lost non può essere analizzata semplicemente per quel che è la puntata conclusiva, da molti amata, da molti criticata, da alcuni forse non capita. Al di là del fatto che essa possa sembrare un tentativo per sviare dalle molte (forse troppe) risposte ai misteri che non sono state date, è da capire che quello che abbiamo vissuto è da considerarsi proprio un viaggio dei personaggi, dei protagonisti che abbiamo imparato ad amare lungo 6 stagioni e più di un centinaio di episodi: nel momento in cui il viaggio arriva alla fine, nel momento in cui il “main event” è arrivato al suo naturale epilogo, sarebbe forse inopportuno aggiungere altro oltre a ciò che è già stato detto. Probabilmente altri segreti saranno svelati in futuro grazie ad operazioni commerciali incrociate (ad esempio l’enciclopedia di Lost o i contenuti speciali nei BluRay in vendita prossimamente), tuttavia una volta che si arriva alla fine non si sente così fortemente l’esigenza di conoscere e scoprire cose secondarie, rimaste irrisolte ma che passano in secondo piano di fronte a quanto viene proposto.
Tralasciando per un momento il dibattito relativo alla conclusione e passando ad analizzare unicamente la sesta stagione, come da tradizione si alternano episodi incredibilmente avvincenti ad altri “filler” che in una stagione conclusiva non hanno proprio senso di esistere. Anzi, è proprio questo l’errore che appare più evidente e che fa pensare ad una mancanza di idee da parte degli autori: piuttosto che includere episodi che hanno un’utilità praticamente nulla ai fini della trama, perché non sviluppare altri episodi capaci di dare maggiori risposte ai quesiti rimasti incompiuti durante le stagioni precedenti? Quindi, pur non trattandosi della stagione migliore, né della peggiore, di Lost, appare adatta, ma non perfetta, a trasportare gli spettatori verso il capitolo conclusivo della saga. Dal punto di vista registico, delle interpretazioni e della sceneggiatura è in linea alla produzione degli anni scorsi. Un solo appunto: nel primo episodio un’immagine mostra gli abissi marini e, sinceramente, in Computer Grafica abbiamo visto molto di meglio negli anni pur senza poter disporre di un budget simile a quello di Lost, anche se questo è un difetto che la serie si porta dietro da tempo.
Il dibattito, nonostante la fine della serie è ancora aperto dopo anni: addirittura prima degli episodi finali a Milano, durante il Telefilm Festival, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “Lost: capolavoro assoluto o boiata pazzesca?”. Questo è solo un esempio che fa capire quanto Lost sia diventato un fenomeno mediatico, e quali dimensioni esso abbia raggiunto. Indubbiamente, Lost è stato uno dei pochi prodotti (insieme a Twin Peaks e pochi altri eletti) a saper catturare l’attenzione di molti, anche di coloro che non sono assidui spettatori di serie televisive. Ha fatto parlare di sé giornali e televisioni, ha portato alla ribalta attori che nel breve periodo hanno già pronti dei contratti per il cinema, ha introdotto nell'immaginario collettivo tutto un mondo che sarà sinceramente difficile da dimenticare. Il progetto Dharma, gli orsi polari, la botola, i numeri, l’elettromagnetismo, i flash-back, i flash-forward e i flash-sideways, ma più di tutto lei, la vera protagonista di questi 6 anni di serial tv: l’Isola.
Titolo: Lost
Genere: drammatico, avventura, fantascienza
Episodi: 16
Durata episodi: 40 minuti
Trasmissione italiana: Fox Italia (Sky)