Amati per i loro successi di pubblico, ma più spesso osteggiati dall'industria hollywoodiana (anche "Jupiter Ascending", la cui uscita era pianificata per l'estate scorsa è stato posticipato per essere tagliato e rimaneggiato dai produttori, e si vede) a cui fingono di appartenere, i due registi hanno pennellato un universo di celluloide di rara libertà espressiva e narrativa, il cui apice può essere riassunto nell'ambizioso "Cloud Atlas". "Jupiter - Il destino dell'universo" appartiene tuttavia ad un'altra scuderia, e ha un altro tiro rispetto alla prova precedente. Certo, non mancano molti dei temi ricorrenti del loro cinema, dalle riflessioni para filosofiche (e semi serie) sullo scorrere del tempo, e sulla capitalizzazione (stavolta intergalattica) della forza lavoro umana da parte di una cerchia di esseri di classe sociale "superiore", ma il film vorrebbe soprattutto essere un (costosissimo) divertissement che frulla senza troppa logica oltre quarant'anni di immaginario cinematografico-televisivo fantascientifico e avventuroso. Provare a riassumerne il plot è impresa ardua, resa più difficile, con ogni probabilità , dai tagli imposti dalla produzione, che rendono evidenti collassi di sceneggiatura, svarioni logici, personaggi che non si sa bene che fine facciano ecc.
Ma veniamo al dunque: Jupiter è una bellissima immigrata russa, che vive assieme alla famiglia a Chicago e si occupa di pulire le case di persone facoltose, trascorrendo un'esistenza triste e monotona. Quando un gruppo di killer alieni tenta di farle la pelle, è un mercenario spaziale (ibridato con un lupo!), Caine Wise, a salvarla e a svelarle la sua vera natura. Jupiter è la "reincarnazione" della madre di tre alieni, semidei potentissimi e "immortali", che si nutrono dell'energia vitale di miliardi di esseri viventi (da loro sterminati, anzi "mietuti") per far continuare e far prosperare il loro impero. Una volta incoronata regina, spetterà a lei difendere il proprio pianeta natale, la Terra, in quanto prossimo obiettivo della mietitura da parte del più antico e temibile dei tre fratelli, Balem Abrasax. Confusi? E' bene che lo siate, poiché non è facile raccapezzarsi in questa confusa space-opera che ci mette quasi un'ora per entrare nel vivo e trovare un proprio ritmo. Al contrario di eccellenti esempi recenti come Guardiani della Galassia, i Wachowski stentano a trovare una propria dimensione da blockbuster, e si limitano ad accumulare generi, citazioni, influenze, a discapito della coerenza d'insieme. "Jupiter Ascending" viaggia a metà via tra la seriosità di un kolossal fantascientifico come il "Dune" di Lynch e un episodio della serie originale di "Star Trek", ma al contempo azzarda parentesi grottesche alla Brazil (la sequenza della lotta "burocratica" dei protagonisti per far riconoscere il rango di Jupiter) richiamato apertamente anche da un fulmineo cameo del grande Terry Gilliam, ovvietà alla "Guerre Stellari" (il colorito cast di caratteristi alieni, che sembra uscire dal film di "Super Mario Bros"), e bombardamenti dei sensi nello stile dei blockbuster digitali della nostra era. Troppo (perdi più in innocuo 3D), e in maniera eccessivamente confusa e caotica per convincere qualsiasi tipo di platea.
Ma, proprio per questo, il cinema dei fratelli Wachowski, nonostante evidenti difetti ed eccessi, continua a sembrarci una genuina scheggia impazzita, fuori da qualsiasi logica di mercato e di moda, che, se non altro, merita simpatia e un pizzico di rispetto.