MANIFEST - Stagione 4 Parte 2 - RECENSIONE

Dopo la prima parte della stagione conclusiva, si è evinto che i passeggeri del volo 828 sono stati confinati in una sorta di prigione in cui vengono studiati tramite il monitoraggio delle visioni (chiamate) che hanno iniziato ad avere dopo essere spariti per 5 anni e riapparsi, miracolosamente, come se nulla fosse successo.
In questa ultima tornata episodica Ben Stone ha ritrovato e recuperato la figlia Eden ed insieme alla sorella Michaela cerca di venire finalmente a capo di questo enigma che li tormenta da oltre 4 anni. Cal Stone, continua a nascondersi nell’ombra per celare al mondo la sua crescita prodigiosa. Il tatuaggio a forma di drago continua a rispondere alle chiamate degli altri passeggeri e con la collaborazione della gemella Olive cerca di supportare Ben e Michaela nelle indagini che i due stanno svolgendo con la complicità di Saanvi, Jared e Vance.
Come oramai noto, Netflix ha avuto il merito di salvare dall’oblio la serie Manifest la quale, nonostante l’enorme potenziale ed una storia accattivante, ha subito l’onta della cancellazione da parte di una NBC troppo distratta per capirlo. Pertanto la domanda non può non nascere spontaneamente: “sarà riuscito il colosso dello streaming a sfruttare nel modo giusto il potenziale solo poche volte mostrato in precedenza, magari rispondendo ai tanti interrogativi tenuti erroneamente aperti da chi ne deteneva i diritti in origine?”
Beh, partiamo col dire che Manifest non ha mai brillato per dinamicità e colpi di scena prorompenti, complice una narrazione spesso assimilabile alla più classica delle soap opera. Ha spesso disatteso le enormi aspettative, e lo ha fatto attraverso una narrazione che, durante le stagioni precedenti, ha preso una deriva fortemente mistica, con tematiche semplicisticamente assimilabili a quelle della religione cristiana. Il cambio di passo, se vogliamo definirlo in questo modo, è pertanto avvenuto attraverso la gestione in casa Netflix: lo sfruttamento congeniale del materiale di base, infatti, ha offerto al pubblico un’ultima tornata episodica pregna di tensione narrativa, con un finale inatteso e ben realizzato.
La qualità portata da Netflix si è vista in molti aspetti rivisti della serie, a partire dal CGI, ora molto più integrato e realistico, passando dalla costruzione dei dialoghi che, pur restando ancorati a quel concetto di feuilleton che l’ha fatta da padrone in precedenza, riescono ad essere ora molto più incisivi ed efficaci. Ma quello che veramente ha contribuito al rilancio di Manifest è stata la maggior libertà data a Jeff Rake (ideatore e sceneggiatore della serie) ed ai suoi collaboratori. Dal punto di vista visivo, inoltre, si è notato da subito una maggiore attenzione alla fotografia e ai dettagli aggiunti in post produzione.
Ad agire dietro le quinte di questo piccolo miracolo produttivo, oltre alla suddetta mano esperta di Netflix, l’ottima regia di Romeo Tirone, il cui lavoro certosino ha ridato nuova verve ad una serie che avrebbe potuto entrare nell’albo delle serie mistery che hanno fatto storia, al pari con la leggendaria “Lost”. Con Tirone, vanno segnalati anche i due protagonisti principali “Josh Dallas” e “Melissa Roxburgh“, che con Manifest hanno fatto il loro debutto dietro la macchina da presa, dimostrando buone capacità registiche nonostante una tecnica ancora da affinare.
La Roxburgh, in particolare, ha dimostrato un’accresciuta maturità soprattutto sotto il profilo della recitazione e ciò ci fa ben sperare per i suoi prossimi progetti, primo tra tutti “Mindcage” che la vedrà protagonista affianco a Martin Lawrence e John Malkovich.
Manifest è stata una serie che, ha stentato tanto a decollare ma che è riuscita, a suo modo, a convogliare l’interesse di una buona fetta di pubblico, creando curiosità tra gli appassionati di genere su dove la trama volesse andare a parare. A tal proposito, la mano di Netflix è da considerare “salvifica”.


Titolo: Manifest
Genere: drammatico, fantascienza
Episodi: 10
Durata episodi: 41-62 minuti
Trasmissione italiana: Netflix