OPERAZIONE SPECIALE, LIONESS - Stagione 1 - RECENSIONE

Prendiamo una buona dose di retorica militare, aggiungiamo stereotipi vari sulla donna soldato che mette in riga uomini senza spina dorsale, distribuiamo qua e là un po’ di scene d’azione al cardiopalma in cui non si capisce bene cosa stia succedendo, inseriamo qualche terrorista cattivo, condiamo il tutto con una spruzzata di frasi ad effetto a vivacizzare dialoghi inutilmente verbosi e mescoliamo bene per ottenere un’accalorata esaltazione del patriottismo Made in USA.
La serie creata da Taylor Sheridan e prodotta (tra gli altri) da Nicole Kidman, sembra essere un concentrato dei più triti e ritriti cliché da film action a sfondo militare. 
Lioness è un programma della CIA che consiste in una serie di operazioni volte ad individuare e stanare le più temibili menti terroristiche del Medio Oriente; lo scopo di questi agenti sotto copertura è infiltrarsi nei contesti privati dei leader islamici e fraternizzare con le figure femminili delle loro famiglie, così da aprire una breccia in ambienti altrimenti inaccessibili all’intelligence.
Questo team è guidato dalla volitiva Joe che, dopo aver perso la sua talpa in un violento scontro a fuoco in Siria, recluta la giovane Cruz, entrata nell’esercito per svincolarsi da un passato di violenze domestiche e miseria. Cruz dovrà stringere un legame di amicizia con Aaliyah Amrohi: suo padre è in cima alla “lista nera” della CIA e quindi il bersaglio principale del team Lioness.
Cedere al pregiudizio e quindi alla tentazione di bollare Operazione Speciale: Lioness come l’ennesima opera di propaganda, grossolana esaltazione del corpo dei marines e più in generale del ruolo delle forze armate nella lotta silenziosa contro l’oscuro spettro del terrorismo, potrebbe rivelarsi un grave errore. Certo, la serie è anche questo. Ma, a dispetto delle premesse, il racconto orchestrato da Sheridan non soltanto riserva sorprese inaspettate, deviando dal consueto sentiero tracciato dal genere, ma soprattutto funziona alla grande. In altre parole, non serve essere un fervente repubblicano o possedere un animo guerrafondaio per apprezzare questo show, a patto però che lo si guardi con il giusto stato d’animo.
Alla base della storia narrata c’è un importante aggancio alla realtà (il programma Lioness esiste davvero), eppure quasi niente di quel che accade segue la logica della verosimiglianza. La singolare modalità con cui Cruz viene reclutata prima e addestrata poi, le decisioni impulsive e poco lungimiranti compiute da Joe per testare la resistenza della sua sottoposta e tenere in piedi l’operazione, i dialoghi ridondanti e sopra le righe tra i supervisori Kaitlyn Meade e Byron Westfield e il segretario di Stato Edwin Mullins sono solo alcuni dei punti critici della serie e da soli basterebbero a mettere a repentaglio la famigerata sospensione dell’incredulità.

Se non fosse che Taylor Sheridan, noto per essere il creatore di serie di successo come Yellowstone e Tulsa King e qui autore di tutti gli episodi, non soltanto sa scrivere una sceneggiatura coi fiocchi, ma sembra avere un’idea chiara di quali debbano essere gli ingredienti per uno spettacolo che ti tenga incollato allo schermo dall’inizio alla fine.
Il primo è il ritmo. Operazione Speciale: Lioness, al di là di qualche tempo morto legato al contesto militaresco del racconto, è sorprendentemente godibile. La scelta di approfondire da un lato la sfera personale di Joe, mettendo in scena le sue interazioni con il marito e le figlie, e di mostrare dall’altro i turbamenti emotivi di Cruz, di fatto incompatibili con l’idea originaria che ci era stata suggerita di questo personaggio, conferisce allo stesso tempo profondità e vivacità al racconto. 
Lo show, ben lungi dall’essere schiacciato dal numero imbarazzante di semplificazioni di cui è pieno (una fra tutte, la riflessione vaga sulla difficoltà tutta femminile di conciliare lavoro e vita privata) sceglie deliberatamente di usare gli stereotipi del genere spionistico-militare a proprio vantaggio e di rovesciarli al momento opportuno, spiazzando lo spettatore.
Il secondo è il guizzo creativo. Sheridan architetta un numero di scene così inaspettate da risultare impagabili nella loro sensata assurdità: su tutte, la descrizione dell’incontro tra Cruz e il temibile terrorista cui sta dando la caccia basta da sola a rendere la serie degna di essere vista. Il terzo è la coerenza. Finché la storia possiede una sua logica ed è quindi credibile nel momento in cui la guardiamo, poco importa se ciò a cui assistiamo non si realizzerebbe mai nella vita reale.
La chiave per apprezzare Operazione Speciale: Lioness, oltre a non prendere troppo sul serio ciò che avviene in scena e godersi lo spettacolo, è riconoscerne l’armonia intrinseca, in linea con il resto della filmografia del suo creatore. Sheridan, da buon texano amante del western quale è, porta avanti la sua riflessione sulla frontiera e sulla difficoltà a tracciare confini netti, approfittandone per lanciare frecciatine al vetriolo ai potenti, qui descritti come degli inetti incapaci di trasformare le proprie velleità in azione concreta sul campo. Qualcuno a fine visione forse storcerà il naso, ma l’onestà intellettuale merita sempre un plauso, specie se l’opera finale è così ben confezionata.


Titolo: Operazione Speciale - Lioness
Episodi: 8
Durata episodi: 38-57 minuti
Trasmissione italiana: Paramount +